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Osteoporosi,
alimentazione e Triade
dell'atleta Tutti oramai conosciamo l'osteoporosi, un problema che colpisce soprattutto le donne in quella fase delicata della loro vita, quando l’interruzione del ciclo riproduttivo si associa a fastidiosi effetti collaterali conseguenti al crollo ormonale. Tra questi la perdita di calcio e quindi di massa ossea con relativo aumento della fragilità, codificata col nome di osteoporosi. Anche se i motivi non sono tuttora chiari alla scienza, le ipotesi sono concordi nel correlare gli infausti destini delle povere ossa a questa inesorabile caduta degli estrogeni (ipoestrogenismo). Ormoni chiave, dunque, non solo nel ciclo riproduttivo, ma anche nella protezione dello scheletro. Obiezione : gli estrogeni sono ormoni prettamente femminili, quindi l'uomo dovrebbe essere colpito in maggior misura della donna dall'osteoporosi. Falso. L'uomo, oltre a disporre di una piccola produzione di estrogeni è anche in grado di convertire parte dell'ormone principe maschile, il testosterone, in estrogeni. E l'uomo non subisce il drastico crollo ormonale che caratterizza la donna, per cui dispone di un certo apporto di questo ormone per tutta la vita. Osteoporosi, malattia silenziosa. L’osteoporosi di per sé non dà problemi, né dolori. Il lento stillicidio di calcio dalle ossa ha un solo, ma piuttosto drammatico, effetto collaterale: aumenta il rischio di fratture da stress o da traumi. Da stime americane, l'osteoporosi affligge circa 25 milioni di persone, di cui il 90% donne. L'osteoporosi è responsabile di 1,5 milioni di fratture all'anno. Che colpiscono i distretti ossei più sollecitati da carichi o più interessati dalle cadute : le vertebre lombari, l'anca e il femore, il radio (osso dell'avambraccio).Tra le donne oltre i 60 anni la malattia ha raggiunto proporzioni quasi epidemiche. Ora, la perdita di calcio dalle ossa legato al processo d'invecchiamento è noto e accettato, anche se esistono delle strategie per contrastarlo. Quella che sta emergendo negli ultimi anni è, invece, un osteoporosi giovanile legata al sesso femminile. Come può essere, se l'osteoporosi è stata correlata alla produzione ormonale di estrogeni che proprio in età giovanile raggiunge i suoi picchi? La
risposta è semplice. Ed è
legata ai problemi alimentari che affliggono molte ragazze, soprattutto
tra le
sportive, agoniste e non. Vuoi delle semplici motivazioni estetiche per
chi fa
sport amatoriale, vuoi l'obbligo di restare entro una certa categoria
di peso
per le agoniste (corsa, ballo, equitazione, alcune arti marziali,
sollevamento
pesi) o quello di mantenere comunque un peso piuttosto basso come
danza,
pattinaggio, corsa di fondo…
(Int J Adolesc
Med
Health. 2002 Jan-Mar;14(1):9-17.)
espone le
ragazze E’
nel 1992 che si correlano
ufficialmente i disordini alimentari, l’amenorrea e
l’osteoporosi dipingendo un
quadro che l'ACSM (American College
of Sports Medicine, organo americano deputato al controllo ed allo
studio dello
sport sotto il profilo medico) titola L’amenorrea
è sinonimo solo di osteoporosi? Visti gli effetti anti-aterogeni prodotti dagli estrogeni, cioè protettivi sul cuore, qualche studioso ha anche ipotizzato che fasi prolungate di amenorrea da esercizio fisico da giovani possa essere un fattore predisponente a problemi cardiovascolari in età avanzata (Rickenlund et al. 2004; Friday 1993) Curiosità: tra le atlete meno colpite dall’amenorrea sportiva ci sono le nuotatrici. Non a caso questa categoria, oltre a non avere la spada di Damocle della categoria di peso, ha una soglia di tolleranza di grasso corporeo superiore ad altri sport, dato che il grasso è essenziale al galleggiamento dell’atleta. L’amenorrea dipendente da disordini alimentari e da stress sportivo ha una genesi e una definizione ben precisa che mette in evidenza il punto di partenza della catena di eventi: l’ipotalamo… Variazioni del ciclo
mestruale nelle
atlete
AMENORREA Se si escludono patologie a carico dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, nell’amenorrea da esercizio fisico, dove si combinano fattori alimentari a fattori di stress fisico, si parla di amenorrea funzionale
ipotalamica Quando
il deficit calorico diventa un allarme? L’ American College of
Sports Medicine ha
quantificato la
soglia di tolleranza in 30 cal/kg di massa
magra (il
peso del corpo tolto il
grasso). Sotto questo valore scheletro e funzione riproduttiva sono a
rischio (American
College of Sports Medicine position stand. The female athlete
triad, Med Sci Sports
Exerc. 2007
Oct;39(10):1867-82.)
Sempre
l’A.C.S.M. (ma anche le conclusioni tratte dall’ Int J Adolesc
Med
Health. 2002
Jan-Mar;14(1):9-17.) dichiara che non esiste ancora un farmaco in grado
di
contrastare la decalcificazione ossea e gli squilibri metabolici legati
all’amenorrea ipotalamica funzionale.
L’unico
rimedio, ancora, è aumentare l’introito calorico
ed alleggerire per un po’ il
carico di lavoro.
Tratto
da SDS, Numero
77-Aprile/Giugno 2008-pag25 Amenorrea
ed esercizio fisico di alto livello Come abbiamo visto l’alterazione del ciclo mestruale colpisce soprattutto le atlete agoniste di alto livello, posticipando la comparsa del primo evento mestruale (menarca) se l’attività agonistica inizia in età prepubere, oppure interrompendo per mesi il ciclo mestruale se l’attività agonistica inizia dopo il menarca. Vediamo le classificazioni.
Curiosità: la possibilità di cadere nell’amenorrea dipende anche dalla gradualità con cui si incrementa l’intensità dell’esercizio fisico. Tant’è che le atlete che aumentano gradualmente i carichi di lavoro hanno meno probabilità di sviluppare amenorrea rispetto ad atlete che, a causa della prossimità del periodo agonistico, aumentano d’improvviso i carichi di lavoro. Agonismo,
sedentarietà e menarca
* le studentesse di musica subivano uno stress psicologico simile a quello delle atlete Incidenza di amenorrea in % tra vari tipi di popolazione
(Baxter-Jones
1994; Helge, Kanstrup 2002; Robinson et al. 1995; Kirchner et al 1995;
Zanker
2004) Lo
studio italiano Risale al 1980 uno studio italiano condotto presso l’allora I.S.E.F. di Roma e supervisionato dal Prof. G. Fortunio. L’indagine prese in esame 12 atlete agoniste della nazionale italiana di ginnastica ritmica e, attraverso una serie di questionari, si cercò di tradurre in numeri e percentuali i problemi del ciclo mestruale all’interno del gruppo per trarne delle conclusioni. Ebbene, la maggior parte delle ragazze (media 18 anni) denunciava irregolarità del ciclo (oligomenorrea) e assenza del ciclo (amenorrea), soprattutto in corrispondenza dei periodi di carico di lavoro. In aggiunta, l’indagine ha registrato un ritardo medio del menarca tra i 12 mesi e i 3 anni. In media, il menarca delle atlete aveva luogo attorno ai tredici anni, mentre nella popolazione italiana tale media si aggirava attorno ai dodici anni. Cosa è successo alle 12 ginnaste a distanza di 30 anni? Ricontattate e sottoposte a nuovi questionari, le donne hanno dichiarato, in media, una tendenza all’irregolarità mestruale anche ad attività agonistica conclusa (nel 50% delle ex atlete), senza però inficiare la possibilità di avere figli. Quasi tutte (92%) hanno avuto dei figli. Nessuna di loro ha avuto una diagnosi di osteoporosi, ma quattro su dodici hanno denunciato fratture dopo la vita agonistica. Erano, però, fratture legate a traumi importanti. Impossibile dimostrare un legame all’amenorrea. Riportiamo lo studio italiano con tutte le riserve legate all’esiguo numero di partecipanti e all’impossibilità di poter correlare, al di là di ogni ragionevole dubbio, le fratture all’amenorrea perché in letteratura l’indagine sulle irregolarità mestruali e lo stato della fertilità tra ex ginnaste o atlete rappresenta una ricerca unica nel suo genere (SdS,n.84, Gennaio-Marzo 2010). Che
cosa può contrastare l'osteoporosi? Un importantissimo fattore che influenza la deposizione di calcio nelle ossa nella fase premenopausale è l'attività fisica. Sembra che il carico e la contrazione muscolare siano la scintilla "biochimica" fondamentale per stimolare la salute delle nostre ossa. Dunque via all'attività fisica che, se per le giovani e sane può essere anche somministrata ad alta intensità, per chi è avanti con l'età può tranquillamente risolversi in almeno uno o due km al giorno di camminata. Attenzione, però, che nella fase postmenopausale l'attività fisica da sola non sostituisce l'eventuale terapia estrogenica decisa dal medico. Anche se l'attività fisica in questa fase della vita è sicuramente una buona forma di prevenzione, soprattutto indiretta. Avere una buona forza e coordinazione e resistenza riduce la possibilità di cadute, eventi traumatici fatalmente rivelatori della fragilità delle ossa. I carichi di lavoro danno dei risultati maggiori in rapporto alla zona di applicazione del carico. Così un corridore di fondo avrà delle ossa delle gambe più robuste di quelle delle braccia, il tennista avrà lo scheletro dell'avambraccio che impugna la racchetta più robusto di quello libero e il sollevatore di pesi, che applica carichi su tutto il corpo, avrà lo scheletro più massiccio e robusto di tutti. Mentre i nuotatori non avranno grandi benefici a livello scheletrico, dato che un carico corporeo estremamente ridotto dalla spinta dell'acqua non rappresenta uno stimolo sufficiente per aumentare la compattezza ossea. Tuttavia, a dispetto dell’effetto osteotrofico dell’esercizio fisico, l’amenorrea ipotalamica indotta da esercizio fisico (quella che esita in un blocco della produzione estrogenica a causa di un deficit calorico associato a stress da esercizio fisico) prevale sempre nel suo effetto osteopenico (Robinson 1995; Formica et al.1994). Insomma, tra i benefici dell’esercizio fisico e i danni dell’amenorrea sullo scheletro, prevalgono sempre i danni dell’amenorrea (osteoporosi). Almeno nei distretti ossei meno caricati dallo sport specifico. Ecco che fondiste o ballerine amenorroiche non avranno problemi di densità ossea sulle anche (Pearce et al.,1996; Hind 2008, Gremion et al. 2001; Stacey et al. 1998), ma saranno più esposte ad osteoporosi già a livello della colonna vertebrale (Cristo et al. 2008; Fredericson 2005; Gibson et al. 2000). Pare che uno sport ad altissimo impatto sul terreno (pari anche ad 11 volte il peso corporeo) sia utile a proteggere lo scheletro dall’osteoporosi legato ad ipoestrogenismo (ridotta produzione di estrogeni). Le ginnaste sarebbero dunque più protette rispetto a pallavoliste o fondiste (Daly wet al. 1999; Groothausen et al., 1997). In ogni caso i valori di densità ossea delle ex ginnaste con storie di amenorrea primaria e secondaria sono risultati inferiori a quelli di ex ginnaste senza questi problemi, ma uguali a gruppi di controllo (ragazze non agoniste) della stessa età senza storie di amenorrea (Ducher et al., 2009). Il secondo fattore che aiuta a determinare la "robustezza" del nostro scheletro è quello alimentare. Chi fornisce alle ossa il materiale da costruzione? Semplice : tutti gli alimenti che contengono il prezioso calcio, mattone insostituibile nell'edificazione dello scheletro.Ovviamente il calcio non lavora da solo, ma ha bisogno della vitamina D e di particolari cellule operaie che si occupano di “incollare”il calcio alle ossa. Sono gli osteoblasti. Dove è più facile trovare il calcio? Nei cereali, nella frutta secca, nelle noci, nei legumi e nelle verdure a foglia verde, nella carne e nel pesce. Ma in cime alla classifica degli alimenti con più scorte di questo minerale sono il latte e i suoi derivati. Bastano 5 bicchieri di latte per garantire l'apporto quotidiano di calcio ad un individuo sopra i 24 anni (800 mg/die). Per gli adolescenti e le donne in menopausa i valori quotidiani crescono leggermente (fino a 1200 mg/die). E’ bene sapere che il basso contenuto di grassi di alcuni tipi di latte non influenza minimamente il contenuto di calcio (National Institute of Health). Eppure il calcio rimane uno dei nutrienti più carenti nell'alimentazione di atleti e non atleti…
Gli alimenti più
ricchi di Calcio Alimento
Contenuto
in 100
gr.
Fonte : INRAN (
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e Nota
: sono
ricchi di calcio anche sarde,
salmone, mandorle
Densità ossea: si puo’ vivere
di rendita?
Si potrebbe
pensare che chi ha fatto attività sportiva
intensa, se non agonistica, da giovani, possa essere più
protetto negli anni a
seguire l’abbandono sportivo. Anche durante
l’anzianità. Pare di no, secondo
uno studio svedese pubblicato su Lancet. Atleti agonisti che avessero
abbandonato lo sport da più di 35 anni e che avessero
superato i 60 anni si
sono rivelato tanto esposti al rischio di fratture quanto i sedentari
coetanei.
Bibliografia e sitografia - Katch & Mc Ardle
“Alimentazione nello sport”, Casa Ed Ambrosiana,
2001 - SDS
Numero 77, Aprile-Giugno 2008 - SDS Numero 84, Gennaio-Marzo 2010 - Nattiv
A, Armsey
TD Jr. Stress injury to bone in the female atlete, Clin
Sports
Med. 1997
, Apr;16(2):197-224.
- Feingold
D, Hame
SL., Female athlete triad and stress
fractures, Orthop
Clin North Am. 2006 Oct;37(4):575-83.
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