ALIMENTAZIONE
SPORT
DIMAGRIMENTO
a cura di Orazio
Paternò
|
CHI SONO | RAGIONI DEL SITO | TUTTI GLI ARTICOLI | CONTATTI |
IL
MIELE, I PESTICIDI E LE
API: UN IMBARAZZANTE RONZIO intervista Alberto
Guidorzi Parallelamente a quel fastidioso pulviscolo di terrorismi alimentari sopravvive una folta anagrafe di alimenti che risponde a un appetito vorace e consolatorio di salvezza. IL MIELE, per esempio, è stato nutrito per anni dalla retorica del super alimento con virtù terapeutiche e salutistiche. E, insieme alla pappa reale, è rimasto avvinto agli stereotipi tipici degli ambienti alternativi. Poi, alla luce del ragionamento si è sgonfiato tutto il soufflé di promesse fatte con ingredienti viziati dalla superficialità. Infine, per decomporre le ipocrisie di un certo ambientalismo dal grilletto facile e che va salmodiando la "magia di un tempo perduto", si farà il punto sulla moria di api e sui grandi accusati: i fitofarmaci. Al secolo, i pesticidi. Ne parlo con Alberto Guidorzi, agronomo e che ha avuto la gentilezza di concedermi questa lunga intervista D)
Dr. Guidorzi, il miele è stato per millenni l'unico
dolcificante noto per
l'uomo. Poi, la cultura chemiofobica ha imposto uno sport inedito: la
pesca nel
bacino dell'ossessione per il naturale alimentato dai tanti rivoli
delle paure
per la "manipolazione" del cibo. Per facilitare la fidelizzazione al
"naturale", si è caricato l'alimento di turno di una serie
di
proprietà nutrizionali con argomenti gravidi di
dilettantismo o malafede. Cosa
ci può dire a questo proposito sul miele?
In rete fioriscono siti che portano in palmo di mano il miele e ad ascoltarli sembrano proiettare su di esso un elisir di lunga vita, mentre è solo un alimento come tanti altri, anche se più attraente perché dolce. Le proteine sono ad alto valore biologico, solo che non si dice che per avere un effetto benefico e tangibile su di noi (visto lo scarso contenuto) occorre mangiare molto miele in peso. Ma come la mettiamo con i carboidrati semplici che vi sono contenuti e che siamo obbligati ad ingurgitare per dare un senso nutritivo alle proteine ad "alto valore biologico"? Per i sali minerali è la stessa cosa, nel senso che non vado ad ingozzarmi di miele per avere il mio fabbisogni in minerali; quelli al limite li trovo in alimenti che ce li forniscono senza darci una mazzata da un punto di vista energetico: basta mangiare un po' più di verdura e di frutta e ne assumiamo molti di più del nostro fabbisogno. D)
Minerali nel miele e fabbisogni.
Facciamo un esempio pratico... Il potassio, per esempio, è il minerale più rappresentato nel miele. Cento grammi di miele ne contengono 52 mg. Siamo di fronte a un concentrato salvifico di potassio? Non proprio, visto che il fabbisogno giornaliero di potassio è di 3900 mg e quei 52 mg, già pochissimi, sono riferiti a un etto di miele. Per avere un'idea, un cucchiaio raso di miele pesa 7-8 gr... Nella classifica dei minerali, dopo il potassio appaiono il calcio (6 mg/100 gr di miele) e il magnesio (3 mg/100 gr di miele). I fabbisogni di calcio e magnesio sono, rispettivamente, di 1000 mg e di 240 mg. Perorare, a questo punto, la causa del miele come concentrato di minerali è un'operazione che appartiene al grottesco. Il miele si mangia e si deve mangiare perché è buono punto e basta!
"Nel
miele esiste una discreta
presenza di oligoelementi (quali rame, ferro, iodio, manganese,
silicio, cromo,
presenti soprattutto nei mieli più scuri), vitamine (A, E,
K, C, complesso B),
derivati dell'acido caffeico enzimi e sostanze battericide (acido
formico) ed
antibiotiche (germicidina): queste ultime categorie di sostanze
permettono in
particolare al miele di essere conservato a lungo, e ne giustificano
l'utilizzo
come disinfettante naturale." L’ultima asserzione è tirata
per i capelli in
quanto il miele si conserva e conserva perché la
concentrazione degli
zuccheri contenuti abbassano l’attività
dell’acqua (umidità relativa
all’equilibrio
-HRE) e questo abbassamento è ulteriormente aumentato
perché il miele ha pH
acido. In termini più volgari si può dire che i
microrganismi non trovano acqua
sufficiente per vivere e riprodursi. È ciò che
noi otteniamo quando facciamo
delle confetture o delle marmellate: i frutti tal quali marcirebbero
presto, se
invece li inseriamo in una soluzione concentrata di zucchero si
conservano. È vero
che il miele relativamente disinfetta e si può spargere
sulle ferite, ma non è
perché contiene antibiotici, bensì
perché abbassa l’attività
dell’acqua e impedisce
ai batteri di inserirsi sulla ferita. Tuttavia questa azione
si otterrebbe
anche con la marmellata ad alta concentrazione di zuccheri.
L’alcol invece disinfetta
perché fa morire le cellule superficiali della ferita e crea
uno strato
protettivo su cui non possono proliferare i germi e quindi si
salvaguardano le
cellule vive che stanno sotto; ecco perché l’alcol
brucia. L’azione battericida
e antibiotica dell’acido
formico
e della germicidina
sono pressoché
insignificanti. Se ci fosse una vera azione contro i germi non avremmo
esitato
a estrarli o a sintetizzarli. L’acido formico è
tipico degli imenotteri ed è da
essi prodotto per autodifesa contro predatori e quindi è
logico che si ritrovi
nel miele in piccolissime quantità, ma come contaminante e
non certo come
componente. Ebbene,
su quanto scritto sopra vi pongo la
seguente domanda: che ne direste di un liquido di questo genere?
“È un liquido
incolore, di odore pungente, penetrante, assai caustico, usato
nell'industria
tessile per la colorazione dei tessuti, nell'industria della gomma ed
in
conceria”. Il
miele contiene anche altri tre agenti
antibatterici, il perossido
di idrogeno, il metilgliossale e la proteina defensin-1
che però si infrangono sui soliti problemi di
quantità (bisogna assumere chili
di miele per raggiungere quantità decorose di antibatterico)
e sulla
impossibilità, da parte di un principio attivo,
di rimanere nel sito di infezione a concentrazioni e
tempi sufficienti,
come nel caso del classico latte e miele per il mal di gola.
È vero che il
miele può essere applicato su ferite o zone di inserzione
dei cateteri, ma gli
studi sono spesso contraddittori se non a esito negativo (Crit
Care. 2012 Oct)
In conclusione nessuno vuole sminuire le caratteristiche di salubrità del miele, solo che non guariscono da nessuna malattia e non ha particolari valori nutrizionali. Quindi piazziamolo tra gli alimenti al suo giusto posto e stando attenti a non abusarne solo perché ci illustrano i pregi senza farne una valutazione relativa e scientificamente obiettiva.
Questa si chiama vera educazione alimentare e sicuramente non è quella che fanno in televisione, ma che ha tanto, tanto impatto. Ho solo contestato le esagerazioni sul miele, che ribadisco è un ottimo prodotto da crudo, ma non è sicuramente una fonte dieteticamente accettabile di vitamine, sali minerali e acidi organici. Tra l'altro, parlare di "acidi organici biologici" non significa un bel niente. Gli acidi organici hanno tutti un'origine biologica, in quanto se sono "organici" vuol dire che sono stati organizzati in natura dagli esseri viventi. D)
Parliamo di miele estero: proni al pregiudizio, si ripete
ossessivamente il
mantra del miele scempiato dalla famigerata microfiltrazione, pratica
tra
l'altro vietata in Italia… Dalle statistiche si evince che la produzione mondiale di miele è in lento e costante aumento, quindi la moria delle api non è una catastrofe e va solo ben interpretata. La Cina produce quasi il 33% della produzione mondiale e l’UE il 13%, ma questo tredici rappresenta solo il 60% dei consumi europei. L’Italia è ancora più deficitaria. Pertanto Italiani ed Europei sono obbligati ad importare grandi quantità di miele e quindi quando si parla di miele estero come se fosse possibile farne a meno è pura e semplice disinformazione. In queste condizioni non possiamo poi lamentarci e accusare il miele estero di non essere genuino. Tra l’altro la microfiltrazione, vietata in Italia, non è una sofisticazione in quanto il miele viene solo privato dei componenti particellari (polline in particolare) che ne permetterebbe di stabilirne l’origine e dato che tutto il miele importato in Italia, e non solo, è tutto microfiltrato, significa che più del 50% del miele che mangiano gli Italiani è microfiltrato perché estero. Ma ad aggravare la cosa vi è la questione prezzo nel senso che il divario tra i prezzi di vendita del miele nel nostro paese e quelli del miele d’importazione hanno un divario molto allettante (il miele cinese si compra a 1,4 €/kg circa e lo si può vendere come minimo a 4 €/kg ) e ciò invoglia molti apicoltori produttori, specialmente quelli professionali, a sviluppare anche la figura di condizionatori di miele, cioè la vendita di miele non autoprodotto e di cui non sempre se ne dichiara la provenienza. In questo contesto ci stanno anche le altre sofisticazioni commerciali come quello di allungare il miele con sciroppi di isoglucosio, falsificare le etichette o, come detto, camuffarne l’origine. Secondo il Sindacato dei produttori di miele francesi vi sono tre cause che rendono il mercato del miele mal funzionante: “la prima è la frode, la seconda pure e la terza anche!!!” D)
Ora proviamo a fare chiarezza, dove si può, su quel terreno
accidentato che è
la moria delle api. C'è
un unico
colpevole? C'entra l' agricoltura intensiva o l' apicoltura intensiva? Tutto
rientra nelle contraddizioni che viviamo:
lanciare un allarme e additare subito il colpevole fa audience e
soddisfa la
fame di capri espiatori per la gente. A
inizio degli anni 2000 abbiamo assistito a un
fenomeno in cui le popolazioni di api, non ovunque, ma in certe zone,
sono
diminuite di numero (è normale che le api dopo l'inverno non
siano lo stesso
numero di prima dell'inverno, perché esiste una normale
moria ed in Europa essa
si attesta intorno al 15% ) con percentuali più elevate
della norma.
Contemporaneamente si è anche assistito ad un fenomeno
particolare dove gli
alveari letteralmente si spopolavano (anche non come fenomeno
generalizzato, ma
con focolai seppure importanti) e che è andato sotto il nome
di di CCD-Colony
Collapse Disorder. È evidente
che di
fronte all'ape e all'aureola di grandissima utilità per
l'uomo, l'opinione
pubblica era estremamente sensibile e quindi il soggetto era adatto
allo
sfruttamento mediatico. Non solo: perché non incolpare gli OGM? Solo
che in questo caso a chi
tirava i fili è andata male perché nessuna causa
ed effetto è stata trovata.
Ecco allora
che gli insetticidi
in
agricoltura potevano essere additati con profitto come la vera causa
(sottolineo
unica e vera causa). Tra l'altro certe famiglie di insetticidi sono state spazzate via da una categoria nuova di molecole di sintesi che si rifacevano alle vecchie molecole degli estratti di tabacco. Cioè si erano studiati degli insetticidi naturali per sintetizzare molecole simili, infatti essi vanno sotto il nome di neonicotinoidi. Essi hanno delle peculiarità importantissime da un punto di vista dell'agricoltore:
1)
La
bassa
tossicità (sono di III categoria con un DL che va da 2)
La
rivoluzione che essi hanno apportato è che disinfettando le
sementi delle
piante coltivate si proteggono le giovani plantule che fuoriescono dal
seme
nelle prime fasi di vita dagli attacchi di insetti che se ne nutrono. Ecco
questi insetticidi sono diventati la causa unica
e della moria delle api. Certo, un pesticida non è mai un
"ricostituente" per le api, ma un uso corretto risolve molti
inconvenienti paventati. In
Europa, dato che noi crediamo di essere i più
furbi, i neonicotinoidi
li abbiamo
sospesi per certi usi, lasciando gli agricoltori in balia di altri
prodotti
meno efficaci ma che comunque non sono un elisir di lunga vita per le
api.
Credo anche, seppure senza evidenze, che in Europa la sospensione
verrà
procrastinata in quanto la pressione degli ambientalisti spaventa i
governi. Dunque
la moria di api si gioca su uno scenario molto più
complesso,
rispetto a certa semplificazione · Innanzitutto vi è stato un aumento di denunce di moria seppure i neonicotinoidi fossero proibiti: 98 (2013),115 (2014) e 195 (2015). Tuttavia, analizzando i dati recentemente pubblicati dal Ministero francese relativamente al 2015 si rileva che… · …il 39% dei casi hanno un’origine patologica certa dovuta a varroa che indebolisce anche il sistema immunitario e apporta virus. Ho fornito una percentuale per la varroa perchè l'acaro ha oramai una presenza diffusissima. I batteri della loque invece attaccano le larve e non sono sempre presenti, ma quando sono presenti e non combattuti per tempo è un disastro. La nosema invece è data da funghi e anche questi se invadono l'alveare è un disastro. Solo che è difficile dare percentuali perché dipende da come l'apicoltore conduce la lotta preventiva · …il 14% dei casi è ascrivibile a cattive pratiche di allevamento, alle quali, se aggiungiamo i riscontrati casi di carenze alimentari durante l’inverno, salgono al 21%; · …successivamente vi sono stati un 12% di casi di sciami d’api fuggite · …nel 15% dei casi non è stato possibile individuare la causa · …resta dunque un ultimo 13% ascrivibile a fitofarmaci insetticidi, che però non hanno mai interessato i neonicotinoidi · Tuttavia la cosa più ECLATANTE è che i prodotti insetticidi a cui ascrivere la moria sono principalmente due prodotti usati dall’apicoltore per combattere la varroa (Cumaphos e taufluvalinate). Poi vi sono dei pesticidi usati in agricoltura biologica (spinosad, pièeronil-butossido e piretrine; eppure è invalsa la credenza che in agricoltura biologica non si usino pesticidi). L’unico fitofarmaco di sintesi trovato come causa è una piretroidina (alletrina). · Risulta anche che tutta la filiera apicola francese ed europea è caratterizzata da numerosissime frodi nella vendita del miele e la cosa è stata spiegata sopra IMPORTANTE: i
neonicotinoidi
sparsi sulle sementi,
quando le piante sono in fiore, cioè quando le api
bottinano, si sono diluiti
sulla massa vegetale dell’intera pianta che è
centinaia di volte superiore alla
massa del seme iniziale (basta confrontare un seme di girasole con la
pianta quando
è in fiore). L’effetto
tossico è
praticamente sparito. Al limite si doveva sospendere
l’uso dei neonicotinoidi
sulle parti verdi delle
piante già formate e non nella disinfezione delle sementi. D) Torniamo al nodo della
questione pesticidi.
Cosa dicono gli studi? Esiste uno studio molto interessante pubblicato su Agroprofessional nel quale si dice che le colonie delle api hanno smesso di calare e le morie sono rientrate nella norma, ma questo è vero sia dove si usano i neonicotinoidi, sia dove non sono ancora ammessi. Dalle statistiche sulla moria di api si rileva un'inversione di tendenza negli ultimi anni: Beehive
= alveare Immagini tratte da: http://www.agprofessional.com/news/bee-population-rising-around-world Dato che sono by Syngenta (multinazionale di fitofarmaci) molti storcono il naso, ma l’azienda riporta dati indipendenti e dei quali cita la fonte IMPORTANTE:
nelle
agricolture
specializzate le api trovano sempre più difficile svolgere
il loro lavoro e
quindi occorre passare ad una apicoltura "coltivata", che tenga conto
della biologia dell'alveare: vale a dire che occorre impiantare intorno
agli
alveari delle colture esclusivamente mellifere Nota:
con
la proibizione
temporanea dei neonicotinoidi
nella concia delle sementi non si sono visti
risultati eclatanti circa un aumento del numero di api e nella produzione di
miele, si è visto invece un significativo impatto sulla
produttività delle
piante agrarie mellifere non più difendibili a livello di
seme. La pianta più
colpita dall’interdizione di disinfettare i semi è
la colza che in questi anni ha
perso un 10/15% di produzione. Tanto è
vero che alcuni paesi pensano di delocalizzare le coltivazioni di colza
in
paesi dove la proibizioni non esiste. D)
Negli USA cala la produzione di miele: moria di
api...? Il
calo della produzione di miele negli USA a
partire dagli ultimi due decenni non corrisponde ad un calo di alveari
e del
numero delle api. Anzi, quest'ultimo è aumentato. Torno
a ripetere per l'ennesima volta: i
neonicotinoidi non sono
la causa principale che fa morire
le api; è pretestuoso. Anzi, ho il dubbio che
anche le case produttrici di
insetticidi siano parte integrante di questa manovra. Certo un
pesticida non è
mai un elisir di lunga vita, ma da qui a farne la causa principale e
privare
gli agricoltori di uno strumento molto valido di lotta ai parassiti,
come è
avvenuto con la loro interdizione che vedrai sarà
"continuativamente
temporanea", ce ne passa. RIASSUMENDO,
LE VERE CAUSE
DELLA MORIA POSSONO ESSERE TANTE 1.
riduzione
di cibo per la specializzazione delle colture agricole 2.
l’alimentazione
con
HFCS
(sciroppi di glucosio ad alto contenuto di fruttosio),
pratica diffusasi molto, rende gli insetti molto più
sensibili e meno preparati
a sopportare le malattie e soprattutto a sopportare le intossicazioni.
L’alimentazione delle api normalmente avviene con miele, ma
per motivi
speculativi (vendere tutto il miele) si è trovato nel HFCS
un prodotto sostitutivo
non caro e senza effetti collaterali derivato dall’idrolisi
dell’amido di mais
e successiva inversione enzimatica del glucosio. Infatti molte fonti
zuccherine
usate hanno avuto effetti intossicativi sugli insetti. En passant vi
posto
l’esperienza di vari ricercatori che affermano questo:
“Gli zuccheri raffinati
di canna e barbabietola sono saccarosio puro e, naturalmente, sicuri
per le api
e dal punto di vista nutrizionale si equivalgono. Gli zuccheri non
raffinati,
come lo zucchero integrale, invece, hanno intossicato le api. Mentre
eminenti
medici che hanno sposato la saccarofobia sostengono, e molti ci
credono, che lo
zucchero raffinato sia un veleno per l’uomo e che sia molto
più salutare lo
zucchero non raffinato e scuro (che da che mondo e mondo si
è sempre definito
“sporco”; e infatti le api ce lo confermano) 3.
“isolamento
da fame”
per stagioni
particolarmente piovose o inverni molto freddi (o entrambi) 4. il confinamento in alveare ha mostrato due forti criticità: a) le api regine non sono uscite per accoppiarsi b) il confinamento è la maggior causa delle infezioni intestinali da nosema e di infezione da virus della varroa. Il confinameno può avvenire in tutte le apicolture quando si impedisce alle api di uscire, ma può essere solo temporaneo nella buona stagione e praticato solo se vi è un pericolo passeggero. Diventa un problema se applicato senza criterio 6.
Maggiore
infezioni da parassiti per ambienti più ristretti. Le api per il
fatto di
vivere in ambienti ristretti e addossati hanno vari parassiti dovuti
all'ambiente di vita, ma anche molti altri parassiti come ogni essere
vivente
ivi compreso un ambiente che con la coltivazione ha ridotto le fonti di
cibo e
le ha obbligate ad adattarsi ad altri 7.
I
nemici delle api e gli antiparassitari. Tra i parassiti
delle api si annoverano tre
acari (tra cui appunto la temutissima varroa),
un coleottero, ben 12 virus, un lepidottero, 9 batteri, un protozoo ed
un
dittero, un imenottero, e 4 funghi (tra cui la temutissima nosema).
È anche
evidente che i parassiti animali all'interno degli alveari devono
essere
combattuti ed in particolare gli acari e quindi vi è un
largo uso di pesticidi
acaricidi che gli apicoltori usano normalmente, ma che anche questi non
sono
elisir di lunga vita. 8. Consanguineità
e deperimento genetico nelle api. Anch’essi sono causa di debolezza delle
colonie di api. Le api che si
allevano non sono tutte della stessa specie, ma esistono varie
sottospecie: ad
esempio in Francia predomina l’ape nera (apis
mellifera mellifera), mentre in
Italia predomina l’apis
mellifera ligustica. Ora, il
miglioramento genetico dell’ape praticamente non esiste e
solo l’Inghilterra ha
fatto qualcosa ibridando l’ape francese con
l’italiana. In Italia poi siamo a
zero e ciò che avviene in un alveare non porta per niente ad
un mescolamento di
geni di varia origine (la regina al massimo è fecondata da
una decina di
maschi). Si assiste quindi all’importazione
delle regine anche da luoghi
lontanissimi, ma ciò comporta il pericolo di introdurre
malattie e parassiti
che prosperano in mancanza di altri individui che li contrastano,
distruggendo
le colonie perché non esistono
resistenze genetiche acquisite. Le due prime malattie ci sono
pervenute in
questo modo. Comunque laddove si è fatto un po’ di
miglioramento genetico si è
puntato molto sull’aumento della produttività con
perdita di rusticità e sulla
minore aggressività mediante inseminazione artificiale. In
altre parole è aumentata la
consanguineità. 9.
Risorse
floricole e nutrizione delle api. Le colonie di api si nutrono di nettare e
mielati (fonte di energia) e di polline (fonte di proteine per
mantenere e
costruire una colonia). Pertanto la colonia è dipendente
dalla flora locale
agricola (ormai caratterizzata da meno essenze mellifere) e non
agricola (dove
è invalsa la pratica del diserbo degli incolti: bordi
stradali e scarpate
ferroviarie). La modifica creatasi in fatto di coltivazioni da
bottinare ha
determinato delle carenze alimentari
sia in fatto di alimenti energetici, ma anche in quelli proteici, per
cui
vengono a mancare amminoacidi essenziali per una alimentazione regolare
delle
regine in deposizione. Le conseguenze sono due: indebolimento
degli individui e diminuzione delle nascite 10.
Non bisogna
dimenticare,
inoltre, che il riscaldamento climatico
comporta periodi di siccità più prolungati e
intensi e ciò non va a vantaggio
delle api 1) Nel nettare
delle piante transgeniche non è
mai stato dimostrato esserci proteine transgeniche, 2)
L’alimentazione con tossina
Bt (Cry IIA) pura (che non è la condizione di
campo) non ha comportato
morie particolari sia nelle larve che negli adulti di apis
mellifera. Gli stessi risultati si sono avuti con le tossine Bt: Cry IIIB, e Cry IBa. In
poche parole, anche se l’ape entra in contatto con una pianta
OGM (con la
tossina Bt) e ingerisce la tossina quando mangia il polline, non
può succedere
nulla, dato che la tossina Bt presente in Europa è solo
quella che fa morire le
larve dei lepidotteri. Dunque innocua per l’ape in quanto non
è un lepidottero D)
Dai neonicotinoidi
al GLIFOSATO,
altro pesticida grande accusato di crimini contro l'umanità
secondo uno
standard dal grilletto facile che spara a caso su un "nemico" a cui
appaltare tutte le nostre paure... Un altro nemico pubblico numero uno è diventato il diserbante GLIPHOSATE. Ho più volte scritto sul tentativo di abolirne l'uso in agricoltura e ho portato prove che privare gli agricoltori e la società tutta di una molecola tanto ecocompatibile è un danno alla società e alla buona agricoltura. Il Glyphosate ha un DL50 (dose letale per uccidere la metà degli animali oggetto di sperimentazione) di 5600 mg/kg di peso corporeo. Dunque è molto meno tossico di certe sostanze di uso comune come il bicarbonato di sodio (il lievito chimico), il caffè ed il cioccolato. Ben 12 pesticidi usati a profusione in agricoltura biologica sono molto più tossici del glyphosate. Non solo, ma gli effetti del glyphosate sono stati molto più studiati rispetto a tutte le sostanze che l’agricoltura biologica ammette per diserbare (come ad esempio il sapone, l’aceto che sono più tossici del glyphosate). Inoltre questi diserbanti biologici hanno un impatto ben maggiore sulla fauna ed il suolo. Essere naturali non significa non essere nocivi per le persone, gli impollinanti ed il suolo (anche il virus Ebola è naturale) GLIPHOSATE,
la sua presenza nel miele è pericolosa? O bisogna valutare
la dose? Non
ci si preoccupa delle adulterazioni e falsificazioni nel commercio del miele (etichette
falsificate circa la
provenienza, l’origine
e sul taglio
dello stesso con sciroppi zuccherini di poco costo
ricavati da mais e da riso) ma ci si
preoccupa molto delle tracce del diserbante gliphosate
trovate nel miele.
La notizia diffusa è che 1) se traduciamo le “parti” in peso abbiamo che si tratta di 0,022 e 0,170 mg/kg di miele; 2)
se
poi caliamo il tutto nella realtà significa
che per ingerire CONCLUSIONE Il cliché del miele come super-alimento con licenza di guarigione è una vecchia radio sintonizzata sulle frequenze della salvezza a basso costo. È sufficiente fare alcuni semplici conti per sgualcire il velo della superstizione e ridare il giusto orizzonte al miele: un ottimo dolcificante dalle mille sfumature aromatiche. La presenza di minerali e vitamine è da archiviare nel cassetto dell'inconsistenza. Il ruolo antibatterico del miele è stato assegnato senza considerare principi come "concentrazione, quantità utile, permanenza nel sito dell'infezione". Solo sogni promessi e puntualmente offesi. La moria di api, poi, ha offerto un facile assist agli addetti ai lavori e livori dell'ambientalismo superficiale. Quelli sempre pronti a esporre alle frustrazioni del loro pubblico un facile capro espiatorio. In questo senso, il potenziale evocativo della parola "pesticida" è servito, da solo, a conferire la "patente di credibilità a prescindere" a una causa afflitta da errori gravi e grevi. Tuttavia, la desolante sassaiola di accuse piovuta su glifosato e neonicotinoidi ha rivelato la debolezza di ciurme affamate di facili soluzioni ed estranee alla dimensione scientifica. |
|