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a cura di Orazio
Paternò
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I GRASSI
TRANS E I GRASSI IDROGENATI: I NEMICI DELLA LINEA E DELLE ARTERIE
Le
riserve di grasso corporeo,
anche negli individui più magri, potrebbero dare
un'autonomia per correre oltre
i 100/200 km( un atleta di Tornando ai grassi, la prima classificazione generale li vede divisi in base alla proprietà fisica del punto di fusione, per cui avremo i grassi propriamente detti, quelli saturi per intenderci (solidi a temperatura ambiente, come il burro o il grasso della la carne) e gli oli, cioè quelli insaturi (liquidi a temperatura ambiente). Altre classificazioni di natura chimica li declinano in: grassi semplici (glicerolo + acidi grassi. Mono-di e trigliceridi, a seconda del numero di acidi grassi legati al glicerolo. Sotto forma di trigliceridi, sono i grassi più abbondanti del nostro organismo ), grassi composti (sono dati da trigliceridi più altri composti e rappresentano il 10%dei grassi del nostro organismo ) e grassi derivati ( lipidi semplici + lipidi composti. Es.:colesterolo, che esiste solo nel tessuto animale ). Si potrebbe continuare con ulteriori specifiche legate alla lunghezza delle catene carboniose, al rapporto tra saturi e insaturi, alle proprietà biologiche subordinate alla presenza, al numero e alla posizione dei doppi legami nei grassi insaturi. La digressione lipidica potrebbe andare avanti per pagine e pagine, mentre qui vogliamo fare il punto su una particolare specie di grassi frutto dell'intervento umano su grassi già presenti in natura, gli oli, per giungere alla configurazione di nuove molecole piegate alla logica industriale della lunga conservazione e del basso costo. Stiamo parlando dei grassi "trans" e dei grassi idrogenati.* Tutto nacque nei primi anni del secolo scorso quando si fece concreta la possibilità di rimodellare la configurazione spaziale degli atomi di idrogeno all'interno della molecola di un grasso insaturo come l'olio. I grassi insaturi hanno uno o più doppi legami lungo la catena di carbonio. Se hanno un solo doppio legame si chiamano monoinsaturi, se hanno due o più doppi legami si chiamano polinsaturi. Grazie alla presenza di diversi atomi di idrogeno sullo stesso lato hanno una struttura chimica più elastica rispetto ai colleghi saturi, solidificano ad una temperatura più bassa e sono più deperibili. Più il grasso ha doppi legami (polinsaturi), maggiore è la loro instabilità e aggredibilità da parte dei radicali liberi. Ora, in natura, la maggior parte dei grassi insaturi ha forma "cis", cioè ha la maggior parte degli atomi di idrogeno sullo stesso lato. Sempre in natura, la stessa molecola può coesistere (per questo si parla di"isomeri") anche nella forma "trans": senza diminuire il numero di doppi legami, alcuni atomi di idrogeno, quelli corrispondenti ai doppi legami carboniosi, si sottraggono alla posizione cis per "affrancarsi"in una posizione speculare e più"solitaria", al di là della linea (da cui trans) dei doppi legami. Ora, i trans di per sé non sono dannosi se non nella loro percentuale di rappresentanza nel totale del grasso e nella loro origine. I trans presenti in natura si trovano nel latte, latticini e carni derivati da ruminanti. I responsabili della loro produzione…? Particolari batteri presenti nell'apparato digerente di questi animali. Nei prodotti da essi derivati i grassi trans non superano la soglia del 5-7% e i loro effetti metabolici sono ben lontani dai trans prodotti dall'uomo. Per esempio, l'acido transvaccinico del burro e dei formaggi è un precursore dell'acido linoleico coniugato (CLA) i cui effetti sull'organismo non sono certamente tossici. Spostandoci nel campo della manipolazione industriale dei grassi sappiamo che il processo della raffinazione, utilizzato per produrre un olio a partire dai semi con l'intervento di solventi chimici, porta alla formazione di un 5%di trans che risulta comunque ancora accettabile. Il grosso problema della raffinazione è la perdita di carotenoidi e sostanze nutritive. Il che riduce quest'olio ad un fantasma del suo omologo ottenuto per spremitura a freddo : una sostanza inodore, insapore e incolore. Abbiamo detto che gli oli, nella loro forma naturale cis presentano una struttura molecolare con delle curvature che li rende instabili, liquidi a temperatura ambiente e, soprattutto…deperibili. Agli
inizi del ventesimo secolo
viene brevettato un sistema industriale che porta alla produzione di un
nuovo
tipo di grasso, dalla
struttura
molecolare non più curvilinea, ma lineare, estremamente
stabile, quasi
imperituro e solido a temperatura ambiente. E poco
costoso…Nel 1911 nasce così
quest'ottima sintesi tra basso costo e alto profitto : il
grasso idrogenato. Si parte da un normale olio (polinsaturo)
sottoposto ad alte temperature (180°) in presenza di un
catalizzatore (nichel)
e si aggiungono atomi di idrogeno. Al termine del processo si ottiene
un
prodotto grasso che ha perso alcuni doppi legami, ridotti a singoli
legami,
all'altezza dei quali si sono inseriti i nuovi atomi di idrogeno,
naturalmente
in posizione trans. Questo nuovo grasso, frutto del genio malvagio
della
conservazione alimentare, ha trovato la sua più celebre
incarnazione nel
classico succedaneo del burro : In ogni caso concedete ad ogni prodotto, artigianale o industriale che sia, il beneficio del dubbio. Basta verificare negli ingredienti. Cercate sempre di spremere dalle etichette quel minimo di informazioni che danno. Oramai avrete capito che i grassi trans e idrogenati li troverete sicuramente nei prodotti che riportano : oli vegetali idrogenati, oli vegetali parzialmente idrogenati, grassi vegetali idrogenati, grassi vegetali parzialmente idrogenati, margarina. Qualche ditta fa qualche piccolo passo avanti, sottolineando con eccesso di orgoglio di usare grassi vegetali non idrogenati o margarina vegetale non idrogenata. Restiamo ancora fuori, purtroppo, dal campo del benessere. Nonostante siano privi di grassi trans, se non nella misura di un 5% creato dalle alte temperature del processo di lavorazione industriale, si tratta comunque di grassi vegetali ottenuti dal frazionamento chimico di oli raffinati. Grassi, in sostanza, peggiori del burro.E comunque l'etichettatura resta molto lacunosa, dacché riporta un generico oli/grassi vegetali, senza specificare il tipo di olio e il processo industriale che ha subito. Un conto, per esempio, è un olio di cocco non frazionato la cui qualità non è peggiore del burro visto l'alto contenuto di grassi MCT, quelli a catena media che non influenzano negativamente il rischio cardiovascolare. Un conto è un grasso vegetale derivato dal frazionamento dell'olio di palma, la cui qualità è peggiore rispetto al burro. Se poi in etichetta comparisse che tra gli oli vegetali c'è quello di colza, pessimo a causa dell'alto contenuto di acido erucico, sapremmo qualcosa di più sulla qualità del prodotto. Ma spesso queste informazioni risultano alla voce: "non pervenute". Non facciamoci ingannare, poi, da forbite perifrasi che nascondono la polvere sotto il tappeto sostituendo la dizione "grassi vegetali idrogenati" con l'oscuro tecnicismo "grassi trans-esterificati": sono la stessa cosa! Negli USA già dal gennaio 2006 è stata resa obbligatoria la segnalazione sulle etichette delle quantità di grassi trans. Noi siamo ancora in attesa di qualche timido segnale… *Grassi trans e grassi idrogenati si distinguono per il numero degli atomi di idrogeno: i grassi idrogenati ne sono più ricchi, ma entrambi i tipi di grasso hanno gli atomi di idrogeno in posizione trans. I grassi idrogenati sono dei grassi trans un po’ più saturi. Entrambi da evitare, comunque. Perché
i grassi trans creati dall'uomo
fanno male…? I
motivi sono tanti e ciascuno
importante. Ma ciò che fa riflettere maggiormente sono le
conclusioni riportate
dagli studi di Mary Enig, Ascherio e Willet a cui si sono allineate
organizzazioni come WHO (World Health Organisation) , FAO (Food And
Agricultural
Organisation), AHA (American Heart
Association) ed EFSA
(European Food Safety Authority ). Cosa ci dicono…? Che i grassi trans alzano il colesterolo
cattivo (LDL) e abbassano
quello buono (HDL) . Al contrario, i
tanto vituperati grassi saturi
del burro o della carne alzano sì l'LDL, ma
contemporaneamente alzano anche
l'HDL. Ora, il rischio cardiovascolare legato al colesterolo non
dipende tanto dal
quello totale, ma dal rapporto tra colesterolo totale e
colesterolo HDL.
Rapporto che non dovrebbe superare il valore di 5 nell'uomo
e di 4,5
nella donna (R.Albanesi, "Il manuale completo
dell'alimentazione"-Thea edizioni). Alla luce di questa nuova lettura, risulta
più protetto un soggetto con
colesterolo di 240, ma con HDL di 80 (240:80 = indice di rischio 3),
rispetto
ad un soggetto con colesterolo di 210, ma con un HDL di
40 (indice di rischio 5,25!). Scegliere il
consumo di grassi trans o idrogenati in luogo di grassi saturi
è evidentemente
una scelta sbagliata. E i danni dei grassi trans vanno oltre il
turbamento del
giusto equilibrio colesterolemico. Vediamo, in sintesi, cosa
comporta il
consumo di grassi trans… ■ Abbassano il
colesterolo HDL e alzano
quello LDL
Mensink e Katan,1990:
N.Engl.J.Medicine., 323:439-445"
"Diet, nutrition and the prevention
of chronic diseases" redatto
da WHO (World
Health Organisation)
e FAO
(Food And Agricultural
Organisation)
“Trans
Fatty Acids, Plasma Lipid Levels, and Risk of Developing Cardiovascular Disease”pubblicato
da AHA (American Heart Association)
EFSA (European
Food Safety Authority
) su :Circulation.
1997;95:2588-2590. ■ Bloccano l’eliminazione dell’eccesso di colesterolo (Nexus Time, edizione italiana n.11) §
Aumentano
il rischio cardiovascolare più dei grassi saturi ( National Academy of Sciences-2002 )
Early Hum Dev.,
2001 Nov;65 Suppl:S31-41. Dietary
trans fatty acids in early life: a review.
n Sono collegati ad alcune forme di tumore (R.Albanesi:”Il manuale completo dell’alimentazione”, Thea edizioni) n
Aumentano
il rischio di diabete (Hu
et al., 1997 :
N.Engl.J.Medicine, 337:1491-1499) ed
aumentano la produzione di insulina in seguito ad un carico glicemico
(
Mary Enig ) n
Aumentano
i valori di lipoproteina (a), legata, a sua volta,
all'aumento di rischio
cardiovascolare ( Sundram, 1992-Br.J.Nutr.,68:677-692; Alice
H. Lichtenstein- Circulation. 1997;95:2588-2590;
Costa
AG, Bressan
J, Sabarense,
CM. Arch Latinoam Nutr.,Trans
fatty acids: foods and effects on
health; Zock
PL,Urgert
R,Hulshof
PJ,Katan
MB
Ned
Tijdschr Geneeskd. 1998 Jul 25;142(30):1701-4. Dietary
trans-fatty acids: a risk factor for coronary disease. ) n
Gli
studi di Willet (1993) e Ascherio
(1994) hanno correlato 30.000 morti
negli USA ad una dieta ricca di grassi trans n
Irrigidiscono
le membrane cellulari n
Causano
un basso peso nei neonati e
abbassano il valore biologico del latte materno ( Mary Enig ) ■ Aumentano la produzione di radicali liberi ( Mary Enig ) ■
Interferiscono nella cascata metabolica
di
acidi grassi essenziali, bloccando gli enzimi delta 5 e 6 desaturasi ed
inficiando il processo a tappe che porta alla formazione di
prostaglandine ed
eicosanoidi, favorendo così l'aterosclerosi ( Costa AG,
Bressan J,
Sabarense, CM. Arch Latinoam Nutr.,Trans
fatty acids: foods and effects on
health ) Molte delle conclusioni riportate appartengono a quella che è la ricercatrice all'avanguardia nel campo dei grassi trans. Si tratta della dottoressa Mary Enig, consulting editor del "Journal of the American College Nutrition" e operativa nel Maryland presso il "Lipid Research Group, Department of Chemistry and Biochemistry". La Enig, nel suo libro "The cook book that challenges politically correct nutrition and the diet dictocrats" della Newtrends Publishing si produce in una apologia che riabilita grassi saturi e non risparmia una stoccata a certi tipi di carboidrati:"…la causa della cardiopatia non sono i grassi animali e il colesterolo, ma piuttosto una serie di fattori impliciti nelle diete moderne, compreso l'uso eccessivo di oli vegetali e di grassi idrogenati, il consumo eccessivo di carboidrati raffinati sotto forma di zucchero e di farina bianca…" La riabilitazione dei grassi saturi, secondo la studiosa, passa attraverso una serie di considerazioni: ▪ Rappresentano il 50% delle membrane cellulari a cui forniscono la necessaria rigidità ▪ Aiutano a fissare il calcio nelle ossa ▪ Rafforzano il sistema immunitario ▪ Sono indispensabili per l'assorbimento dei grassi essenziali ( e salvacuore ) Omega 3 ▪ Quelli a catena breve o media hanno proprietà antimicrobiche Un quadro, dunque, che rimette in gioco la gerarchia salutistica dei grassi e, soprattutto, mette in guardia dal consumo di sostanze entrate acriticamente nella nostra routine alimentare. Quali sono i limiti di tolleranza dei
grassi trans attualmente proposti…? Be',
la situazione non è molto incoraggiante, visto che
l'American Heart Association (AHA ) raccomanda di non superare l'1% delle calorie giornaliere sotto
forma di grassi trans (Diet
and Lifestyle Recommendations Revision Ricordiamo
che c'è anche una produzione domestica di trans, a causa
della frittura degli
oli polinsaturi , ricchi di instabili doppi legami. No, dunque, agli
oli di
semi (polinsaturi, appunto) nelle fritture! Meglio il più
stabile monoinsaturo olio
extravergine di oliva. Come difenderci…? Abbiamo
già sottolineato l'attenzione scrupolosa alle etichette.
Inoltre sarebbe bene
non dare per scontata la bontà salutistica di certi prodotti
della gelateria e
della pasticceria artigianale giacché anche in questo campo
è diventata
consuetudine fare riferimento alla margarina o ai grassi idrogenati.
Preferiti
al burro, più costoso. E poi, grazie ai grassi idrogenati,
il gelato si
scioglie più lentamente…Magra la consolazione,
grassa
Ecco,
di seguito, un
elenco delle percentuali di grassi trans presenti
in alcuni
prodotti di largo consumo :
Tratto da: "Il manuale completo
dell'alimentazione"R.Albanesi-Thea
Edizioni Tanti prodotti, apparentemente
innocui e spacciati dalla pubblicità come promotori del
benessere, sono in
realtà dei cavalli
di troia che nascondono un
manipolo di insidiosi nemici delle arterie e della linea. Bibliografia : 1. Government Publishing Office. Food Labeling: Trans Fatty Acids in Nutrition Labeling. 2. Circulation 1994; 89:94-101.Ascherio A, Hennekens CH, Buring JE, Master C, Stampfer MJ, Willett WC. Trans-fatty acids intake and risk of myocardial infarction. 3.
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