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a cura di Orazio
Paternò
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L’IRRESISTIBILE
FASCINO DELL’ESOTICO CONFRONTO TRA MELOGRANO,
BACCHE DI GOJI
E DI ACAI INTRODUZIONE Ieri papaya, mango, avocado, ananas…oggi mangostano, goji, acai…Dal Sudamerica all’Asia le lussureggianti foreste ci rivelano d’incanto e a cadenza periodica l’esistenza di frutti dal miracolo a portata di mano. Da raccogliere tra i sentieri del macchiettismo modaiolo. La bulimia per l’esotico che a singhiozzo investe lo Stivale, ma anche tutto il Vecchio e il Nuovo Mondo industrializzato racchiude una perfetta sintesi della perpetua ricerca dell’Arca perduta. Senza l’epica di Indiana Jones, sostituita dalla noia salottiera di personaggi sprofondati nel divanismo esistenziale, anziché nella ricerca culturale. Il sintagma “esotico-salvifico” viene martellato secondo il solito spartito. Quello del markeTTing che fa leva sulle note paure che ci portiamo appresso. E che ci induce a virare senza pensare verso prodotti dai dubbi benefici supplementari rispetto ai tradizionali-locali. Pagando a caro prezzo un tuffo nel catino della superstizione. L’idea alla base del culto del frutto esotico è quello dei mille pregi in esso racchiusi. Dal potere anti-age alla taumaturgia per tutti i gusti, che si tratti di raffreddore o di tumore. Il frutto viene messo in vetrina azzimato come la star del frutteto e a disposizione di un pubblico famelico d’immortalità. Il quale va in scialorrea para-mistica di fronte al rosario di molecole-taumaturgiche e dal sapore accademico: polifenoli, antocianine, epicatechine… Spacciate come ospiti esclusive del frutto del momento, mentre si dimentica che tanti altri frutti meno geograficamente blasonati danno ricovero alle stesse sostanze e nelle stesse quantità. Se non in quantità maggiori. Prima di fare una disamina della letteratura scientifica di melograno, Goji e Acai e capire dunque se vale la pena investire sull’esotico, vediamo in breve quali domande dobbiamo farci e quali ragionamenti bisogna percorrere prima di arrivare a diagnosticare la supremazia nutrizionale di un frutto su tutti gli altri
ECCO
UNA TABELLA DEGLI ANTITUMORALI DI
TURNO TROPPO
FACILE…
Con
questa analisi non voglio guastare la porrata a nessuno, ma
semplicemente
giustificare che le scelte siano guidate dalla testa e non dalla
pancia.
Soprattutto se, in nome di dubbi vantaggi sul prodotto tradotto
dall’altra
parte del mondo, ci viene chiesto un supplemento di spesa. Vediamo
MELOGRANO, BACCHE DI GOJI e ACAI. Uno per uno…
MELOGRANO Non indugiamo in stucchevoli descrizioni botaniche di questo e degli altri frutti. Poco importano. Piuttosto cerchiamo di tenere il cervello (e le orecchie) lontano dal trapestio del gossip pubblicitario per avvicinarlo al silenzioso rigore della ricerca scientifica. Anno in corso, 2014. La rivista Food &Function lancia il sasso nello stagno: l’estratto di melograno promette bene (studi in vitro) nel tenere a bada gli AGEs e le malattie ad essi collegate come il diabete di tipo II e l’Alzheimer. Badate bene: si parla di studi in vitro e di estratto di melograno. L’anno precedente, il 2013, una review pubblicata da Nutrition Research aveva raccolto gli studi sugli effetti di alcuni componenti di buccia , fiori e semi del melograno su culture di cellule, su animali e sull’uomo e messi in relazione alla prevenzione e al trattamento del diabete di tipo II. I benefici sul diabete di tipo II sarebbero legati, affermavano gli studiosi, alla riduzione dello stress ossidativo e della perossidazione lipidica. Perché? 2. incrementano l’attività di certi enzimi antiossidanti 3. promuovono la chelazione di metalli 4. riducono la formazione di resistina (ormone prodotto dal grasso che promuove resistenza all’insulina), inibendo o attivando certi fattori di trascrizione (fattore nucleare kB o il recettore peroxisome proliferator-activated receptor gamma-PPAR-gamma o PPARG-). 5. Estratti dai semi del melograno hanno dimostrato di produrre un abbassamento della glicemia. 6. Alcuni acidi già noti del m., come l’acido gallico, oleanolico, ursolico…hanno dimostrato effetti anti-diabetici. Stessi effetti anti-diabetici hanno mostrato tannini e antocianine contenuti nel succo di m. Nonostante
gli effetti
promettenti, la
review incoraggia ulteriori
studi prima di raccomandare il
melograno o i suoi estratti nel trattamento medico del diabete
di tipo II
Anno 2013. Sempre la rivista Food
&Function pubblica
una revisione di studi in vivo e in vitro dove si dimostra che
il melograno esercita effetti
ipoglicemici, inclusa l’aumentata
sensibilità all’insulina e il
miglioramento dell’attività dei GLUT-4 (glucotrasportatori), ma
è anche responsabile
di una riduzione del colesterolo totale,
del miglioramento del profilo lipidico
ematico, produce effetti
anti-infiammatori attraverso la modulazione della via del recettore peroxisome
proliferator-activated receptor gamma (PPARG).
Questi
effetti possono anche
spiegare come i composti derivati dal melograno possano aiutare a
trattare gli
spiacevoli risvolti della sindrome
metabolica. Tra i composti attivi nel produrre benefici
troviamo i polifenoli (antocianine), acidi
fenolici e
acidi grassi. Tutto
bene, allora? Trovato il Santo Graal del
salutismo buono per tutte le stagioni e per tutte le malattie? Non
proprio,
visto che la conclusione stronca i facili entusiasmi sollevati
nell’ingenuo
lettore che aveva magari trascurato il particolare fondamentale dello studio
in vitro (toh, ancora!) e in vivo, ma su animali. Infatti
in coda al documento si ammette con
franchezza che “Studi clinici ed
epidemiologici servono per corroborare i promettenti risultati ottenuti
in vivo
e in vitro”.
Recentemente elevato al grado di “superfrutto” insieme ai mirtilli, è ricco di composti antiossidanti, come le antocianine (polifenoli), l’acido ellagico e le punicalagine (tannini). L’attività antiossidante degli estratti di melograno supera quella del più famoso the verde e promette bene nel trattamento del cancro alla prostata. Gli effetti sulla salute del melograno hanno suscitato l’interesse della ricerca sin dal 1999, quando ricercatori israeliani trovarono terreno fertile nelle potenzialità antiossidanti del frutto. Dimostrarono che il consumo giornaliero di succo di melograno abbassava drasticamente l’LdL portando all’eliminazione delle placche coronariche (Schubert et al 1999). Gli effetti anti-aterosclerotici negli animali sarebbero ascritti alla presenza di acido ellagico (Yu et al 2005). Albrecht et al (2004) dimostrarono un effetto di riduzione significativa su cellule tumorali della prostata dato dai polifenoli del frutto, ma in vitro. Altri studi hanno dato buoni risultati circa gli effetti anti-proliferativi e pro-apoptotici (si parla di tumori alla prostata e al seno) degli estratti di melograno con acido ellagico. Risultati frutto di esperimenti su colture cellulari o su animali. Invece la biodisponibilità di acido ellagico negli uomini non è ancora stata studiata a fondo. Molto potrebbe perdersi nel processo di assorbimento. Si chiedono ulteriori studi di farmacocinetica, per dirimere la questione. Per di più la presenza di acido ellagico libero nei cibi è rara. Inoltre l’effetto antitumorale è ascrivibile solo all’acido ellagico, mentre altri componenti del succo e ad effetto pro-estroginico possono favorire la diffusione dei tumori alla prostata ormone-dipendente. IN CONCLUSIONE, gli studi sono insufficienti per dichiarare certe le proprietà del melograno (vedi acido ellagico) come elemento di prevenzione e trattamento del tumore. Negli studi fatti sul melograno (ma vale per tutti i frutti) ciò che ha dimostrato proprietà interessanti non è il frutto in toto (anzi, alcuni elementi pro-estroginici del melograno sono da escludere se si parla di combattere i tumori alla prostata ormono-dipendenti), ma solo alcuni principi (vedi acido ellagico) che devono essere estratti e dosati. Per ultimo, c’è da considerare il problema della biodisponibilità delle sostanze presenti nel frutto (per esempio, che il famoso acido ellagico sia in forma libera) che devono poi raggiungere una concentrazione plasmatica decorosa. In ogni caso il frutto ha dimostrato proprietà antiossidanti superiori alle catechine del the verde, curcumina, resveratrolo e genisteina offrendo delle prospettive più incoraggianti. Insomma, siamo sempre nel campo del possibile, ma da accertare. In una strada ancora lunga da percorrere. Come la scienza ammette onestamente. Abbiamo però una certezza: il potere antiossidante del melograno è superiore ad altre molecole già in passato celebrate e incensate. BACCHE DI GOJI (Lycium barbarum)
Gli
studi comunque attribuiscono
la prevenzione della degenerazione maculare e della cataratta non tanto
alle
bacche di Goji, quanto al consumo di vegetali a foglia verde, ricchi di
zeaxantina e luteina (Planta Med. 2010) Passiamo al 2010. La rivista Planta Medica ci dice che:
Va sottolineato che gli studi farmacologici sulle bacche di Goji sono stati condotti quasi esclusivamente in Cina e fatti su estratti acquosi o su frazioni più o meno purificate di polisaccaridi. Non ci sono dunque dati sulla farmacocinetica degli LBP sull’uomo e la loro biodisponibilità non è studiata. Gli studi si sono concentrati sulle proprietà antiossidanti e immunomodulatorie nel contesto di malattie età-dipendenti come l’aterosclerosi, la neurodegenerazione e il diabete. Studi in vitro e in vivo hanno attribuito le proprietà antiossidanti agli LBP e ai flavonoidi. Anche la betaina presente nel frutto parrebbe coinvolta nel processo antiossidante. Gli
LBP
hanno dimostrato
proprietà antiossidanti,
anticolesterolemiche e anti-trigliceridi, di abbassare la glicemia
postprandiale e l’insulina a digiuno, ma su animali Studi su LBP e cancro. Le propreità immunomodulatorie hanno raccolto l’attenzione in prospettiva di terapie contro il cancro. Gli LBP promuoverebbero la proliferazione di Linfociti-T, ma in vitro su cellule animali. Gli LBP eserciterebbero la loro attività sul sistema immunitario attraverso il miglioramento dell’espressione di alcune citochine e fattori di trasporto. SEMPRE SU ANIMALI e grazie all’azione di frazioni purificate di LBP si è osservato: -aumento della fagocitosi dei macrofagi -proliferazione dei linfocito splenici -aumento dell’apoptosi delle cellule tumorali (studi su linee cellulari di epatoma umane, ma in vitro e grazie ad un estratto acquoso) -inibizione della proliferazione di cellule cancerose alla prostata, ma in vitro - inibizione della proliferazione di cellule cancerose al seno (grazie ad un estratto acquoso con scopoletina, altro elemento attivo del frutto) -l’iniezione di LBP in topi trattati con radio-chemioterapia ha diminuito la perdita di cellule rosse e bianche del sangue -proprietà neuro protettive (con un estratto acquoso del frutto e verificate in vitro da un solo gruppo di studio di Hong-Kong)
Il Journal of the American College of Nutrition pubblica uno studio, ben condotto perché randomizzato, in doppio cieco e con placebo-controllo, ma con il limite del tempo (14 giorni) e su un numero non pervenuto di soggetti ha dimostrato che il succo di bacche di Goji aiuterebbe ad elevare il metabolismo e a ridurre la circonferenza della vita. Anno
2011. BACCHE DI GOJI CONTRO LO
STRESS OSSIDATIVO DA ESERCIZIO? L’International
Journal of Molecular Sciences mette a disposizione uno
studio sui topi che
avrebbe dimostrato un effetto dell’LBP nel diminuire gli effetti
dello
stress ossidativo (riduzione della produzione di malondialdeide
e aumento degli enzimi antiossidanti SOD e glutatione
perossidasi) dopo
esercizio ad esaurimento. Però siamo ancora alla fase
della sperimentazione
animale. Anno 2011. Lo studio fa capo alla rivista Cell Biology and Toxicology Incoraggianti
risultati, ma
in vitro, contro
cellule cancerose della cervice da parte del principio attivo contenuto
nelle bacche
di Goji, il 2-O-β-D-Glucopyranosyl-L-ascorbic
acid (AA-2βG),
una
forma stabile simile alla vitamina C.
L’effetto è dovuto
all’attività citotossica
e antiproliferativa del composto in esame. Infatti i
ricercatori chiudono
definendo le bacche di Goji
come potenziale
supplemento
dietetico e agente anticancro nella prevenzione e nel trattamento del
cancro
alla cervice uterina. Nel
2012,
la rivista Journal
of Investigational Allergology and Clinical
Immunology 2012 Metteva
la pulce nell’orecchio a
chi pensava di fare tuffi carpiati tra le bacche di Goji. Gli studiosi
dicevano
di non sottovalutare il potenziale allergenico di questi frutti negli
individui
già allergici a certi cibi, in particolare a quelli
allergici ad un particolare
tipo di proteine, dette LTP (lipid
transfer protein, polisaccaridi
presenti anche nella buccia
di pesca). Stesso anno, il 2012. La rivista Inflammopharmacology
avanzava l’ipotesi del frutto come potenziale
agente antitumorale, grazie a principi come il L.barbarum polysaccharides
(LBP) e l’
AA-2βG,
sostanze ad effetto apoptotico e
antiproliferativo sulle linee di cellule cancerose. Inoltre, le LPB avrebbero un effetto
immunomodulatorio e potenzierebbero le terapie anticancro. Siamo sempre
nell’ambito del potenziale,
presunto,
supposto e non accertato con studi sull’uomo. Un anno dopo, nel 2013, leggiamo un’altra revisione di studi, stavolta pubblicata dall’
International
Journal of Biological Macromolecules Ma
siamo sempre lì. Tante belle
ipotesi da verificare. Nello studio si dice che solo un estratto di LBP
(il polisaccaride già citato sopra) avrebbe importanti, ma potenziali, attività
biologiche come: antiossidante,
immunomodulatore, antitumorale, neuro protettivo,
radioprotettivo, anti-diabete, epatoprotettivo, antiostoporotico e
antifatica Accertate, invece, le interazioni con alcuni farmaci, tipo:
NOTA: attenzione all’elevato contenuto di selenio (stesso problema delle noci del Brasile): la dose giornaliera consigliata è di 55 microgrammi, mentre i problemi da sovradosaggio sorgono a 400 microgrammi (http://www.hhs.gov/) APPROFONDIMENTI ESTRATTO ACQUOSO Preparazione in base acquosa contenente la porzione biologicamente attiva della pianta o della sostanza senza i suoi residui cellulari. I principi attivi sono estratti attraverso l’acqua. LBP, STUDI CLINICI SUGLI UOMINI Questi studi sono pochi, dalle evidenze
deboli, condotti su gruppi
ristretti di individui e su brevi periodi e metodologicamente deboli.
Anche se
alcuni si dimostrano promettenti negli effetti antiossidanti e
nell’applicazione futura su malattie
età-dipendenti (si parla sempre di “possible
beneficial effects”) In ogni caso, i dati sulla
biodisponibilità e il comportamento
farmacocinetico degli LBP sono sostanzialmente deboli CONSIDERAZIONI SUGLI STUDI IN VITRO Medbunker,
uno dei più celebri blog antibufale in campo medico
ci dice: “Quante
volte leggiamo su internet di
poteri curativi incredibili (anticancro!) di un'erba o una sostanza
qualsiasi?
Perché un'erba uccide le cellule del cancro in una provetta
ma poi può non
avere nessun effetto sull'uomo? Semplice, perché noi uomini
non siamo provette.
Il fuoco uccide tutte le cellule tumorali in provetta, così
come l'acido
cloridrico, usarlo come cura anticancro sarebbe però un
suicidio. ANCHE IL CAFFÈ UCCIDE LE CELLULE DEL
CANCRO Ad
esempio, il cafestolo e il kahweol,
due diterpeni presenti nel
caffè, si sono
dimostrati utili nel combattere il mesotelioma
pleurico maligno tramite apoptosi. Ma solo su cellule in
provetta (Journal of
Biomedical Science, 2012). Non
si può ricavarne una regola, e dunque una terapia,
utile per un organismo complesso. A meno che non si soffra di cancro
della
provetta. Altre sostanze che uccidono il tumore in provetta sono: il
limone, la
propoli, il bergamotto, il pomodoro, certi tipi di fungo velenoso, il
caffè di
cui si è parlato. Ma anche la fiamma ossidrica e
l’acido cloridrico e il veleno
di serpente. Nessuno però si sognerebbe di curare un malato
con il morso di un
serpente velenoso o con il “trattamento” della
fiamma ossidrica. BACCHE DI ACAI Anno
2012.
Il
Journal of
Dietary Supplements
ci dice che le bacche di Acai sono un buon antiossidante grazie alla
presenza
di antocianine.
Inoltre i suoi flavonoidi
(famiglia di molecole a cui fanno capo anche le antocianine) dovrebbero
esercitare un’azione antinfiammatoria, mentre i fitosteroli ridurrebbero l’assorbimento
intestinale
di colesterolo la presenza abbondante di acido oleico monoinsaturo
aiuterebbe
un migliore assorbimento degli acidi grassi
omega-3. Tutto sempre in teoria. Mentre in pratica uno studio
del 2008
targato Journal of
Agricultural and Food Chemistry ne aveva
ridimensionato il leggendario potere antiossidante. Attribuendo alle
bacche di
Acai il 5° posto in una hit parade del “chi
ce l’ha più grosso(l’antiossidante)”.
Mentre al primo posto troviamo,
indovinate chi? Ci arriviamo, non prima di una veloce sinossi del
lavoro degli
studiosi. Questo
studio
ha misurato il potenziale antiossidante delle più comuni
bevande ricche di
polifenoli. Sono stati utilizzati ben a)
quattro tipi di test di potenza
antiossidanteb)
un test di funzionalità
antiossidante
(relativo alla capacità del prodotto di ridurre la perossidazione lipidica dell’LdL),
c) una valutazione del contenuto
totale di polifenoli. Tra
le
bevande testate, il succo
di Acai. Chi è salito in pole
position nell’indice multiplo di potere antiossidante
(potenza antiossidante,
inibizione dell’ossidazione dell’LdL, contenuto
totale di polifenoli)? IL SUCCO
DI MELOGRANO. Con uno scarto del 20% di potere antiossidante
in più su
tutti gli altri. Al secondo posto il vino rosso. Il succo di Acai solo
al
quinto posto. Lo studio conclude con la riserva che
(TEAC-ORAC- DPPH- FRAP), questi
studi sul potere
antiossidante condotti in vitro tuttavia non provano la
loro attività
biologica in vivo sugli esseri umani.
Gli stessi entusiasmi si raffreddano anche sulla filiera di presunti effetti antiossidanti, antinfiammatori, anti-aterosclerotici, ipocolestreolemici, neuro protettivi e antitumorali che sono comunque risultati più o meno promettenti solo su animali, se non in vitro (per esempio, l’effetto neuroprotettivo fermo ancora agli studi in vitro- Neurosciences Letters, 2013): E sulla rivista Pharmaceutical Research si risponde alla domanda: bacche di Acai con effetti antitumorali? Sì, ma solo su animali (ratti con tumore all’esofago) CONCLUSIONI Abbiamo voluto darvi un’idea di come si costruisce la fama di un superfrutto. Il meccanismo è sempre lo stesso. Si parte sempre da ipotesi verificate solo in vitro o su animali. Oppure passando in rassegna i poteri “miracolosi” dei micro e macroelementi del frutto del momento. Che troviamo comunque in tanti frutti meno noti e più a portata di mano. Senza dover per forza rivolgere lo sguardo oltre l’orizzonte dell’oceano. Le parole d’ordine per alimentare la leggenda di un frutto sono sempre le stesse: antitumorale, anzitutto. Parola magica che, abbiamo visto, cela tutto e niente. A stretto giro di ruota: antiage, antiaterogeno, antidiabete, anti-tutto. Abbiamo poi scoperto che il potere antiossidante su cui si versa la fama di certi frutti esotici è addirittura inferiore a frutti nostrani come il melograno. Ammesso e non concesso che la prevenzione di certe malattie passi solo attraverso l’assunzione a palate di antiossidanti. Questo non è uno stigma ostilmente preconcetto nei confronti dell’esotico, ma un invito a valutare caso per caso. E a valutare con senso critico le petulanti sirene pubblicitarie. Che cercano di incalzare il consumatore prima che la leggenda svapori alla luce della scienza. SITOGRAFIA Food Funct. 2014 Sep 18. Pomegranate phenolics
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