ALIMENTAZIONE
SPORT
DIMAGRIMENTO
a cura di Orazio
Paternò
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CIBO, ALLENAMENTO E SALUTE NEL
SUPERMARKET DELLE SUGGESTIONI In questi ultimi anni la
mareggiata delle leggende ha fatto spiaggiare la ragione e il senso critico.
Basta un’escursione sui terreni più friabili della rete per capire che siamo
ancora prigionieri di un passato che tentavamo di respingere: quello ignifugo
alla parola Scienza e affascinato dall’offerta di speranza un tanto-al-chilo.
1. DONNE E GLUTEI: COSA SI FA E COSA SI DOVREBBE FARE Due sono gli ormoni su cui giocare le nostre
speranze per ridefinire le sorti di un profilo (de)cadente: il TESTOSTERONE
e il GH (ormone della crescita).
È dunque un accanimento NON terapeutico cercare di rassodare i glutei con infinite ripetute, basse velocità, e bassi carichi Nella realtà,
la donna: A. Si ormeggia
per ore alle macchine cardiofitness (tappeti, bike, step, macchine
ellittiche…) ai cui innegabili benefici sul piano cardiovascolare (se usate
secondo scienza) viene aggiunto un potere che NON hanno, quello di contribuire
in maniera decisiva alla definizione di una silhouette muscolarmente compatta. Spartito stonato che si ripete anche fuori
dalla palestra, quando ci si accanisce sul lavoro aerobico lungo e lento (camminate, jogging…). Uno show marchiato
dal sigillo dell’inutilità, se l’obiettivo è rassodare braccia e glutei. B. A corpo libero,
slancia all’infinito e senza carico l'arto inferiore oppure si accanisce
con centinaia di ripetute seduta su macchine “addette” allo stimolo di
interno/esterno coscia Per rassodare in
modo deciso il gluteo è necessario
riassestare quel piano culturale storicamente inclinato sull’ossessione per il
lavoro aerobico lungo e lento o per il lavoro muscolare fatto di slanci
infiniti a basso carico. Inutili anestesie. E anche alcuni
addetti ai lavori dovrebbero smettere di solleticare l’umanità famelica di
miracoli. 2.
IL VINO FA BUON SANGUE? UN MITO sopravvissuto
fino alla fine del ‘900 per un malinteso storico che attribuì ai modesti
bevitori una speranza di vita superiore rispetto agli astemi. In realtà
l’effetto protettivo era stato “dopato” dal reclutamento di “astemi
scassati” tra i non bevitori, cioè persone che per malattia, problemi di
alcolismo o età hanno dovuto abbandonare il vizio dell’alcol. Le loro attese di
vita erano ridotte in partenza da una serie di problemi e contribuivano ad abbassare quelle dei veri
astemi (Ann Epidemiol. 2007; J Stud Alcohol Drugs. 2016) VINO ROSSO PIENO DI
ANTIOSSIDANTI? Pieno di sogni, di
sapori e ritualità conviviali. Ma gli antiossidanti (come il resveratrolo) sono così pochi che
bisognerebbe bere almeno
3. IL CAFFÈ AUMENTA IL COLESTEROLO? Sì, ma solo il caffè bollito, quello consumato nei Paesi nordeuropei. In ogni caso, 3 tazzine di espresso o moka al giorno non hanno nessun effetto sul colesterolo totale e LDL
Sì, i benefici sono chiari da tempo negli sport di resistenza. Mentre negli sport di forza (come i pesi) i risultati sono per la maggior parte -ma non tutti- concordi nell’attribuirle un effetto positivo, soprattutto su atleti d’elite scarsi consumatori di caffeina. Per esempio, si è registrato un effetto su triatleti poco avvezzi alla caffeina, nella forma di capsule contenenti 6 mg di caffeina per kg di peso corporeo assunte 45-60 minuti prima della prestazione; mentre alla dose di 5 mg/kg di peso ha mostrato di ridurre la percezione del dolore e migliorare la contrattilità del muscolo in uomini e donne allenati ai pesi. Anche allenamenti con scatti intermittenti hanno sfruttato l’effetto caffeina (J Strength Cond Res. 2018 Jan). Per avere i massimi effetti ergogenici della caffeina si suggerisce un’astinenza di 7 giorni (J Strength Cond Res. 2009) 5. IL LATTE NON CAUSA OSTEOPOROSI, ma la previene. IL CALCIO del latte vaccino è estremamente biodisponibile. Gli studi che hanno dimostrato il contrario non consideravano i fattori confondenti, come la bassa esposizione solare delle popolazioni studiate (Svezia). Niente sole, niente attivazione della vit D e niente deposizione di calcio sulle ossa, anche se ne abbiamo a tonnellate. Altri si sono limitati a rilevare l’aumento di calcio nelle urine dopo aver bevuto latte. Un aumento giustificato dal fatto che parte del calcio del latte veniva utilizzato per il rimodellamento osseo e quello che non serviva veniva scartato, aumentando, di fatto, la calciuria 6. L’INTOLLERANZA GLOBALE AL LATTE è uno dei tanti allarmismi che odorano di noia. Gli intolleranti al latte esistono e ci sono dei test diagnostici per verificarlo (breath-test, dopo aver sperimentato più volte sul campo il nesso causale latte-toilette). Per gli altri bere il latte non è un problema. L’evoluzione ha regalato a molti di noi la lattasi-persistenza (o tolleranza al lattosio), mutazione casuale che ha garantito la sopravvivenza delle antiche popolazioni dedite alla pastorizia come unica fonte di sussistenza. Perché non sfruttare questa fortuna?
La cellulite nasce da un problema
di acqua (ritenzione), ma non si risolve con l’acqua. Bere tanta acqua NON elimina la cellulite. Promuove solo il trekking estremo tra cucina e bagno. Per mantenere l’equilibrio (omeostasi) il corpo elimina l’acqua introdotta tutta in una volta, da un giorno all’altro. Inoltre bere tanta acqua serve a poco se non si hanno MUSCOLI dove stoccarla. Sarete solo afflitti da stanche processioni in bagno (ancora!) Le acque povere di sodio non aiutano a reidratarsi perché stimolano la diuresi. E la poca acqua sopravvissuta alle tecniche disidratanti andrà ad alloggiare comodamente tra le cellule infiammate. La diffusione patologica di certe pratiche come il consumo di fiumi di tisane o le bulimiche scorpacciate di verdure diuretiche (finocchi, asparagi, sedani, carciofi…) hanno la stessa ambizione, quella di cercare di abbattere un elefante con un sassolino LA CELLULITE è un problema multifattoriale. Uno dei tanti è quello dell’acqua, che va approcciato non sul contenuto (acqua), ma sul contenitore (muscolo) afflitto da sedentarietà/troppo sport e alimentazione scorretta SALUTE INTESTINALE: MEGLIO YOGHURT O LATTI FERMENTATI? I fermenti lattici dei comuni yoghurt (Lactobacillus Bulgaricus e Streptococcus termophilus) fanno fatica a superare la barriera acida dello stomaco, e quindi sono in pochi a vincere la corsa verso l’intestino, dove dovrebbero svolgere la loro opera. Diverso il discorso dei latti fermentati i cui fermenti lattici, appartenenti a ceppi più resistenti, si chiamano FERMENTI PROBIOTICI e sono in grado di tollerare l’elevata acidità dei succhi gastrici. Arrivano dunque vivi in gran numero nell’ultima parte dell’intestino, colonizzandola. Solo così possono svolgere quel prezioso compito di riequilibrio della flora batterica intestinale FRUTTA A FINE PASTO: SÌ O NO? SÌ. Senza dubbio. E i motivi sono tre:
LA BANANA È IL FRUTTO PIÙ RICCO DI POTASSIO?
Vero che la banana contiene parecchio potassio (350 mg/100 gr), ma c’è chi ne ha di più:
GLUTINE. ANCORA GLUTINE. SEMPRE GLUTINE… Il GLUTINE è uno dei bersagli più facili della compagine che barrisce complotti e sciocchezze senza uno straccio di prova. Spesso sono affiliati di qualche setta con le fette di naturale sugli occhi. Escludiamo la celiachia che è una vera malattia e che incide sull'1% della popolazione, l’allergia accertata al frumento e quei disagi che vanno sotto il nome di sindrome del colon irritabile. Negli ultimi anni si sono allargati i confini di una terra di mezzo, un campo ancora aperto di ricerca scientifica che indaga la presunta relazione tra sintomi di varia natura e il consumo di glutine. Sono aumentate le persone che lamentano sintomi simili a quelli della celiachia, senza però avere la predisposizione genetica e nonostante siano risultate negative ai test classici. È stata chiamata “SENSIBILITÀ AL GLUTINE NON-CELIACA”. Un’espressione-ombrello sotto la quale ricadono un vasto spettro di sintomi intestinali ed extraintestinali legati al consumo di glutine E molto vaga,
perché la confusione regna sovrana. Autosuggestione? Verità? Esiste davvero
questa “sensibilità al glutine”? Non è ancora chiaro. Potrebbe essere il
glutine o potrebbero essere altre delle tante sostanze presenti nel frumento.
In questo clima di incertezza il marketing alimentare è entrato a gamba tesa
snocciolando titoli e slogan sfolla-cervelli, da archiviare nel comparto
dell’indifferenziata. Il messaggio surrettizio si può così riassumere: “Tutte le peggiori malattie, ogni disagio
fisico, umorale ed esistenziale…è tutta colpa del glutine!”. Una campagna talmente convincente che un terzo degli Americani pensa che sia un toccasana ridurre o eliminare il glutine; mentre il 50% degli atleti dichiara un’aderenza variabile al regime gluten-free (Gastroenterol Hepatol., 2018 Health Benefits and Adverse Effects of a Gluten-Free Diet in Non–Celiac Disease Patients) 1. le varietà “moderne” di grano non sembrano avere più glutine di quelle “antiche” 2. gli esseri umani ne assumono quantità inferiori a quelle di 100 anni fa, quando la celiachia a livello mondiale aveva un’incidenza molto minore 3. l’intolleranza al glutine non è una malattia moderna 4. il contenuto di glutine nei grani americani degli ultimi 100 anni non ha subito oscillazioni significative 5. Forse la sensibilità al glutine esiste, ma riguarda una piccola percentuale di persone, mentre il 95% dei soggetti che sostengono di essere sensibili sono probabilmente vittime dell’effetto nocebo (autosuggestione). La maggior parte dei soggetti studiati, infatti, mostra gli stessi sintomi sia assumendo il glutine sia il placebo (amido di riso) Nessuno ha ancora dimostrato l’esistenza della sensibilità al glutine. Anzi, i risultati delle ricerche più recenti depongono a favore di un altro imputato. Che non è il glutine ¤ Gastroenterology, in un lavoro del 2018, sposta l’attenzione su dei carboidrati a catena corta, i fruttani (Fructan, Rather Than Gluten, Induces Symptoms in Patients With Self-Reported Non-CeliacGluten Sensitivity. Skodje G et al.)¤ L’aspetto controverso del problema “sensibilità al glutine non celiaca” viene ribadito sulla rivista Neurogastroenterology & Motility (Non‐celiac gluten or wheat sensitivity: It's complicated!) È sempre più remota l’ipotesi che sia il glutine l’imputato responsabile di questo campionario di sintomi intestinali ed extra-intestinali attribuiti all’ingestione di prodotti a base di glutine. Tant’è che oramai si parla apertamente di sensibilità al GRANO non-celiaca (Am J Gastroenterol. 2018 The Global Phenomenon of
Self-Reported Wheat Sensitivity) MA SENZA GLUTINE È MEGLIO A PRESCINDERE…? In uno studio australiano sono
stati esaminati 3213 prodotti con e senza glutine e valutati secondo la scala
del profilo nutrizionale (Health Star Rating, con un punteggio che va da Il punteggio medio dei cibi senza glutine non è stato superiore rispetto a quelli contenenti glutine (scala HSR), né hanno dimostrato di avere qualità nutrizionali superiori. Anzi, pasta e pane gluten-free hanno mostrato di avere meno proteine delle controparti con il glutine Un altro studio ha dimostrato la maggiore carenza di fibre e micronutrienti (calcio ferro,zinco, manganese, selenio, niacina e folati) negli adulti affiliati a una dieta gluten-free. La rivista Alimentary Pharmacology & Therapeutics (Evidence of high sugar intake, and low fibre and mineral intake, in the gluten-free diet. Wild D. et al 2010) fa un bilancio nutrizionale della dieta gluten-free: più ricca di zuccheri e più povera di fibre e minerali |
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