IL
FASCINO IRRESISTIBILE
DEL
NATURALE
“ZERO CHIMICA, 100% NATURALE!”
“PUREZZA
SI’, CHIMICA NO”
Questi
e tanti altri slogan fanno
leva sulla convinzione che ci sia una chimica da
laboratorio…e tutto il resto.
Una chimica connotata da aggettivazioni e accostamenti negativi. Roba
da cui
stare alla larga. Una chimica evocata solo quando si tratta di disastri
ecologici, inquinamento e sofisticazioni. Una chimica come una
parolaccia,
qualcosa che ti scippa la salute, il futuro, qualcosa di cui diffidare.
Dall’altra parte c’è il resto del mondo,
quello “naturale”, buono, benevolo,
materno. Quello della oleografia naturista dove la chimica è
una diabolica
alchimia da guardare con sospetto, da disprezzare, di cui fare
serenamente a
meno. Tramandando l’idea che “chimico”
sia l’opposto di “naturale”e che quindi
“chimico”, essendo oramai sinonimo di artificiale,
sia qualcosa di dannoso e
inutile. Un mondo semplificato e diviso un due, tanto caro a certi
consumatori alla
ricerca di un parafulmine su cui scaricare le proprie ansie
esistenziali. Senza
dover pensare troppo e porsi delle domande. Altri pensano per loro. E
consegnano un mondo in bianco (il naturale) e nero (la chimica). Un
mondo
semplice. Privo di complicazioni. In complice felicità con
la natura. Ma che
deroga ai principi della logica.
A Derek Bok,
già rettore dell’Università di Harvard,
è attribuito un
celebre aforisma: “Se pensi che
l’istruzione sia costosa, prova con
l’ignoranza”. Una perla di saggezza che
il marketing ha sfruttato a proprio vantaggio trasformando il costo
sociale dell’ignoranza
in utile societario. Un principio attraente soprattutto per
l’industria alimentare.
Quella che buggera i consumatori con lo spaccio di equazioni come
“naturale =
buono”, “artificiale = cattivo”.
Prendiamo
il Sig. Rossi,
un cittadino come
tanti altri, bersagliato per anni dal fuoco incrociato dei media che
l’hanno indotto
ad associare la parola “chimica” a qualcosa che ci
peggiora e accorcia la vita.
Il Sig. Rossi è cresciuto da perfetto CHEMIOFOBICO: odia
tutto ciò che puzza di
chimico ed è convinto di poter escludere la chimica dalla
propria vita
alimentare e non.
Il
Sig. Rossi si alza di buon
mattino, si stira con uno sbadiglio profondo e si affaccia alla
finestra
lanciando un’occhiata distratta al proprio giardino. In
questo primo affresco
mattutino c’è tanta chimica in azione.
LO
SBADIGLIO
Si
incamera del “naturalissimo”, ossigeno.
O no…? Il Sig. Rossi
trasalirebbe se sapesse che quell’ossigeno ieri era parte di
un pericolosissimo
veleno e l’altro ieri era sciolto nella pipì di un
gatto. Nessun pericolo, per fortuna.
L’atomo è sempre uguale in qualunque molecola si
trovi e non porta
con sé il concetto di
“pericolosità”. L’ATOMO
NON HA MEMORIA. Quello che
cambia le proprietà di una molecola non sono gli atomi, ma
il loro numero e
come si legano tra loro. L’atomo di
ossigeno non cambia, che si trovi legato al carbonio
nella molecola di anidride carbonica, che alberghi nel
saccarosio (zucchero da tavola) o nell’alcol etilico.
SCENDERE
DAL LETTO, AFFACCIARSI ALLA FINESTRA
Ancora tanta
chimica in poche,
banali contrazioni muscolari terminali di reazioni tra molecole
energetiche (creatin-fosfato, ATP…)
ed enzimi. Con
la partecipazione ordinaria di neurotrasmettitori (acetilcolina)
e minerali (calcio,
sodio, potassio).
UNO
SGUARDO AL GIARDINO
Nella statica del fotogramma di una
flora
apparentemente letargica opera un meraviglioso laboratorio chimico in
cui clorofilla,
luce solare, anidride carbonica e acqua si combinano obbedienti
all’ordine
biologico di produrre energia per la pianta (glucosio)
e liberare ossigeno
nell’atmosfera.
Sì, quello stesso elemento “chimico” che
oggi respiriamo, che magari domani ci
disinfetterà sotto forma della
“artificiale” acqua ossigenata in combinazione
con l’idrogeno e che poi forse ci disseterà come
acqua potabile ricombinandosi
diversamente con l’idrogeno.
Dopo
questo primo viaggio nella
chimica a sua insaputa, il Sig Rossi beve un bicchiere
d’acqua. Naturale. Qua
la chimica non c’entra proprio. Forse. O forse no.
Perché il nostro amico non
sarebbe mai in grado di capire se l’acqua che beve viene
dall’acquedotto o è
frutto di una reazione esplosiva tra ossigeno e idrogeno. O
è un prodotto della
combustione del metano. Perché una
molecola d’acqua è una molecola d’acqua.
Nient’altro. Senza alcuna memoria
di una sua “vita” precedente. Anzi,
l’acqua creata in laboratorio per reazione
tra H (idrogeno) e O2
(molecola di
ossigeno) è addirittura più pura
dell’acqua di un torrente di montagna che
invece si porta dietro qualche sostanza.
Il Sig Rossi è un po’ raffreddato
e decide di sciogliere in acqua un’aspirina
Suo
malgrado, perché ora (solo ora???)
comincia a calpestare il terreno accidentato della chimica. Pensa:
“Avrà
effetti collaterali?”, “Mi farà
più male che bene?”. Non sarebbe stato meglio
assumere l’acido salicilico,
estratto
“naturale” direttamente dal salice, piuttosto che
la famigerata molecola da
laboratorio, quell’acido
acetilsalicilico,
alias aspirina, che puzza di avello
solo dal nome? Il Sig. Rossi non sa che l’acido
acetilsalicilico, molecola di sintesi, ha gli stessi
benefici del
“naturale”acido salicilico, ma con meno effetti
collaterali. Ah, il “naturale” acido
salicilico viene prodotto nella
pianta in seguito a numerose reazioni “chimiche”. E
nelle piante, simbolo del
naturale-benigno, si trova una significativa parte dei cancerogeni che
assumiamo. Le piante li producono per difendersi, giustamente.
NATURALE-ARTIFICIALE?
BUONO-CATTIVO? Le barriere cominciano a sgretolarsi
rivelandosi delle semplici
categorie semantiche utili al marketing ipnotico che incanta i
consumatori con
mantra bolliti: “naturale = buono”,
“chimica = artificiale = cattivo”.
POI,
LA COLAZIONE
Il Sig. Rossi ha
già digerito la reproba
pillola artificiale, dunque cattiva, e si accinge a scartare la
confezione di
prosciutto dove campeggia la rassicurante scritta “PUREZZA
SI’, CHIMICA NO”.
Poesia per il nostro chemiofobico. Peccato che in quel prosciutto tutto
è
chimico, comprese le sue caratteristiche di purezza e
appetibilità. L’occhio del
Sig. Rossi scorre rapido sugli ingredienti. Alla voce conservanti
troviamo il temibile nitrito di sodio.
Temibile sì, perché è accertato (AIRC, Associazione Italiana Ricerca sul
Cancro) che un suo abuso cronico predisponga allo sviluppo di tumore
all’esofago o allo stomaco. Ma indispensabile garanzia contro
il botulino, batterio mortifero
esumato da
una cattiva conservazione. Torniamo al nostro…dopo il
sussulto di fronte al nitrito
di sodio prosegue la lettura piena di verecondia…acido ascorbico…nitrito…acido
ascorbico…nitrito…acido
ascorbico…un
flashback alle lezioni di chimica a scuola. Chimica! La tragica
associazione
trasfigura l’espressione del Sig. Rossi: “Ma
questa non è roba naturale!”, pensa a
voce alta. “E’
artificiale! Che schifo! Mi hanno fregato!!!”.
Anche in questo
caso il catechismo del marketing può raccogliere compiaciuto
i frutti di anni
di giochi di prestigio. Il Sig. Rossi è convinto che il nitrito di sodio (conservante
anti-botulino) e l’acido ascorbico
(la comune vit.
C, antiossidante e conservante alimentare) siano sostanze
figlie della
chimica, dei laboratori quindi del demonio, dunque brutte e cattive. Da
esorcizzare. Per coerenza, un rituale da ripetere tutte le volte che
sarà di
fronte ad un piatto di bietole, sedano o
spinaci, verdure naturalmente ricche di nitriti.
Talvolta in misura
superiore a quella di qualche affettato, dato che solo una parte dei
nitriti aggiunti
nella fase di produzione sopravvive al prodotto di fine stagionatura,
quello
pronto alla vendita. Vero che i vegetali contengono anche
l’antidoto ai
nitriti, la vit. C nota
anche come acido
ascorbico. Sì, proprio quella “robaccia
artificiale” che ha tolto il respiro al
Sig. Rossi. E che troviamo spesso anche negli affettati, a fianco dei
nitriti.
Si potrebbe eccepire che i nitriti e la vit. C presenti negli alimenti
sono
stati sintetizzati in laboratorio. Dimenticando però una
delle regole auree
della chimica:
NATURALE O DI SINTESI LA
MOLECOLA NON CAMBIA LE SUE PROPRIETÀ.
CONTANO I LEGAMI TRA GLI ATOMI, NON LA
LORO PROVENIENZA.
Mentre i mantra chemiofobici
riecheggiano nella testa
del Sig. Rossi, inizia la digestione,
cioè quella filiera di reazioni
“chimiche” tra cibo ed enzimi che riducono
quanto mangiato in molecole elementari pronte a rimpiazzare le cellule
pensionate o immolarsi come benzina per i muscoli o per il cervello. A
seconda
delle priorità del soggetto.
Dopo
qualche fetta di prosciutto
la colazione in puro stile “naturale” prosegue con
una spremuta
e con uno yogurt.
Entrambi
questi prodotti contengono uno
zucchero, il fruttosio. Quello
della
spremuta è prodotto dal frutto, quello dello yogurt viene
invece dalla
trasformazione del mais ad opera di un enzima e tutto si svolge in
laboratorio.
E’ la stessa molecola. Indistinguibile nel sapore e nelle
proprietà. In questo
caso il Sig. Rossi non alza nemmeno un sopracciglio. Leggere fruttosio tra gli ingredienti dello
yogurt è una coccola della natura. L’equazione fruttosio = frutta = naturale = buono
è talmente ben rodata da essere un automatismo. Giammai lo
sfiora l’idea che
una molecola è naturale, mentre l’altra di
sintesi. Né lo sfiorerà mai l’idea
che se conducesse una dieta a base di frutta (frugivora) tutte quelle
vagonate
del “naturale e benefico” fruttosio gli
sballerebbero gli esami del sangue con buona
pace di colesterolo, trigliceridi, acidi urici e fegato (resistenza
insulinica
epatica).
Lo
yogurt potrebbe essere
dolcificato con la saccarina e
aromatizzato con la vanillina
(aroma
vaniglia). Sono dei prodotti che possono essere sintetizzati a partire
dal
petrolio. Una notizia che porterebbe il Sig. Rossi al collasso nervoso.
Sarebbe
forse sollevato nel sapere che non conta da dove viene la molecola (gli
atomi
non hanno memoria, ripetiamo). Conta solo la molecola che ha di fronte.
Qualche
marca di yogurt sta
facendo un altro tipo di acrobazia linguistica e, sempre in stile
pseudoscientifico,
dichiara in etichetta: “Solo con
saccarosio. Niente dolcificanti artificiali”.
Obbediente al dogma “naturale
sì, artificiale no” il chemiofobico della strada
farebbe man bassa di questo
nuovo yogurt dall’accattivante pregio. Il saccarosio…ah,
certo, quello zucchero ottenuto dalla canna o dalla barbabietola e
sottoposto
ad una serie di processi chimico-industriali quali la flocculazione,
la cristallizazione, lo sbiancamento…per citarne
alcuni?
Nulla di strano in questi trattamenti. Il prodotto finito è
innocuo. Bizzarra è
l’idea che il saccarosio sia un prodotto che passi dalla
pianta al consumatore
tale e quale e gli altri dolcificanti no.
IL PRANZO
Il pranzo
è tutto per la pasta.
Con qualche verdura. Ma quello che conta è l’acqua
della pasta. Un poco salata,
perché troppo sodio fa male. Mettiamo alla prova il Sig.
Rossi. Oramai il suo
palato distingue al volo una molecola naturale da una artificiale (?).
Gli
chiediamo di assaggiare l’acqua della pasta col pretesto di
avere informazioni
sul grado di salatura. “Va benissimo!”, ci dice con
quella compiaciuta
sicurezza di chi si è formato in anni di “Mezzogiorno
di cuoco” e amenità simili. Il Sig.
Rossi non saprà mai che quell’acqua
salata l’abbiamo ottenuta dalla reazione tra acido muriatico e soda caustica.
La notizia, se rivelata, ce lo porterebbe via.
LO
SAPEVATE?
Il
sale
della pasta, detto
anche cloruro di sodio,
è frutto del
matrimonio tra il sodio e il cloro.
Questi
elementi, da soli, sono poco raccomandabili. Il sodio
esplode a contatto con l’acqua, mentre il cloro
è un gas verdognolo velenoso. Se
uniti depongono le armi e ci insaporiscono la tavola.
Morale: quello che cambia le
proprietà di una molecola non sono gli
atomi, ma come si legano tra loro.
CONCLUSIONI
Il
concetto stesso di chimica è
stato ridotto a pratica da laboratorio, mentre TUTTO
ATTORNO A NOI E’ CHIMICA: dalla fotosintesi, alla
digestione
dei cibi, alla contrazione muscolare, ai farmaci, ai fertilizzanti e
detergenti. LA VITA E’ CHIMICA IN
AZIONE,
come già sottolineato. Una serie infinita di combinazioni
tra atomi che non
hanno memoria di ciò che erano ieri. Oggi per loro
è un altro giorno, che
quegli atomi siano parte di un liquido biologico o di un materiale
industriale.
Magari
ora respirate qualche
atomo di ossigeno che ieri era parte di un pericolosissimo veleno. Non
è un
problema. Il problema è chi crea due mondi paralleli, quello
della chimica e
quello del naturale, rispettivamente aggettivati con
“cattivo” e “buono”. Tutto
nel nome di un
falso culturale che
alimenta certe nevrosi moderne a scopo di lucro.
La
chimica non è altro che la
riproduzione in laboratorio di molecole già esistenti. Una
molecola di sintesi
non è come un oggetto prodotto in serie, dove ci possono
essere delle
piccolissime, impercettibili differenze tra le copie. Le molecole
d’acqua, per
esempio, sono tutte perfettamente uguali, sia che vengano da un
torrente che da
una reazione di laboratorio. Lo stesso vale per il
fruttosio, la vitamina C o l’acido citrico. Tutte
sostanze
presenti in natura o riproducibili in laboratorio a partire dal mais. E
trovare
le differenze è un gioco perso in partenza. LE
PROPRIETÀ DI UNA SOSTANZA NON DIPENDONO DAL FATTO CHE SI
TROVI IN
NATURA O SIA SINTETIZZATA IN LABORATORIO.
Chimica
(di sintesi) è anche creazione
di nuove molecole, ma a partire da quanto esistente in natura. Con
l’obiettivo
di migliorarlo (vedi aspirina). Se
questo non succede (uso smodato di fertilizzanti, abuso di conservanti
alimentari…) non è colpa della chimica, ma
dell’uso che l’uomo ne fa.
BIBLIOGRAFIA
- V.
Balzani, M. Venturi Chimica!
Leggere e scrivere il libro della natura-Scienza
Express edizioni-2012
- D.
Bressanini Pane e
Bugie- Chiarelettere2010
- D.
Bressanini Le bugie
nel carrello- Chiarelettere2013
|