CHI SI SIEDE
È PERDUTO
LA FISIOLOGIA
DELL’INATTIVITÀ
Fare attività fisica da moderata
a vigorosa aiuta a prevenire le malattie cardiocircolatorie, il
diabete,
l’obesità e alcune forme di tumori. E’
una verità scientifica oramai entrata
nella cultura popolare. Meno la traduzione pratica. Ma questa
è un’altra
storia…o forse no? Ciò che adesso mi preme far
notare è che, per quanti
benefici lo sport ci regali, noi abbiamo sempre puntato il faro su
quelle 3-4
ore settimanali di attività fisica in tutte le sue
declinazioni: forza,
resistenza, lavoro aerobico intervallato, lavoro aerobico continuato a
bassa-media-alta intensità…e prima? E dopo? Chi
pensa allo stile di vita
(sedentario/attivo) della persona fuori dalla palestra/campo? Tanto per
la
salute serve solo il conteggio delle ore settimanali di
pesi/nuoto/corsa,
no? Che ci importa
sapere se prima e
dopo l’attività fisica una persona passa il tempo
tra scrivania, studio e tv, sempre
al netto dell’attività fisica? Oppure sapere se
sul lavoro come a casa si muove
spesso? L’importante è fare sport. Questo era il
dictat. Poi (ma anche prima,
negli anni ’50) qualcuno ha acceso il faro sul lato oscuro
della nostra
giornata, quella che non si fila nessuno. Quella studiata oggi dalla “fisiologia
dell’inattività” e
che pare condizioni in modo determinante la nostra
salute. Nel bene (vita attiva), come nel male (vita sedentaria). Vi
ricordate
lo studio condotto negli anni ’50? Quello che attribuiva
l’oro della longevità
ai controllori degli autobus, mentre squalificava i loro colleghi che
passavano
la giornata seduti in ufficio? Ne ho parlato nell’articolo
“Attività
fisica, salute e invecchiamento”(www.nutrizionesport.com).
Cinquanta
anni dopo una nuova ricerca pubblicata su Medicine
Science of Sport (2009) ha esaminato quale fosse il legame
tra tempo
trascorso seduti (scuola, lavoro e casa) e la mortalità in
un campione
rappresentativo di 17.000 Canadesi. Numeri importanti che danno un
valore
significativo a quello che non è un semplice studio. Le
persone sono state
seguite per ben 12 anni.
RISULTATO: le persone che trascorrevano sedute la maggior parte del loro tempo
avevano una probabilità di
circa il 50% maggiore di morire durante il periodo considerato dalla
ricerca di
quelle persone che stavano meno sedute. Be’, direte
voi…come facciamo a sapere
se non hanno interferito fattori confondenti come fumo, alcol e
inattività
fisica? Magari erano tutte persone che non facevano sport, fumavano e
bevevano.
Invece no, la qualità della ricerca sta anche in questo.
Sono stati presi in
esame tutti i fattori.
E
ne è scaturito che
ANCHE CHI SEGUIVA
LE LINEE
GUIDA DELL’AMERICAN COLLEGE of SPORT and MEDICINE (30 minuti
di attività fisica
per quanti più giorni possibile la settimana) ERA SOGGETTO
AD UN RISCHIO
MAGGIORE DI MORTALITÀ PER PATOLOGIE CARDIOCIRCOLATORIE E
TUTTE LE CAUSE DI
MORTALITÀ (tranne i tumori per i quali non esiste
un’associazione con il
tempo trascorso seduti).
Oltre gli sportivi, attivi solo sul
campo, ma inattivi a casa o sul lavoro, più a rischio di
mortalità sono
risultate anche le persone obese e le donne che trascorrono sedute la
maggior
parte dello stato di veglia. E questo era prevedibile. Più
sorprendente il
fatto che lo sport non aiuta molto se poi si passa il resto della vita
seduti.
I MOTIVI? Negli esperimenti sui topi costretti alla
sedentarietà si è osservata
una diminuzione impressionante dell’enzima (lipoprotein-lipasi)
che estrae i trigliceridi dal
sangue
affinchè siano usati come combustibile. Fatale, dunque, la
loro permanenza
prorogata nel torrente circolatorio. La cattiva abitudine della
sedentarietà ha
fatto registrare, negli stessi esperimenti, un crollo clinicamente
rilevante
del colesterolo buono (HdL). Tutto a sfavore della salute
cardiovascolare.
Abbiamo
quindi dimenticato di
valutare l’altra faccia del principio della “specificità
dell’adattamento”: così
come l’organismo si adatta agli stimoli
allenanti specifici (se uso i pesi divento
più forte, se corro o pedalo
a lungo divento più resistente), allo stesso modo si adatta
alla mancanza di
stimoli.
Capito allora? Le prospettive di
vita sono la somma dell’attività fisica vera e
propria più uno stile di vita
generalmente attivo. Non basta attenersi alla scheda di allenamento,
bisogna
anche rivedere il comportamento sedentario se si vuole avere una chance
in più
di longevità. Le cose si complicano…
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
- ACSM
Guideline for exercise testing and prescription, 7° edizione
- Medicine
& Science in Sports & Exercise 2009-
P.T. Katzmarzyk et al., Sitting time and
mortality from alla causes, cardiovascular disease, and cancer
- Sds anno 29, n.85
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