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a cura di
Orazio Paternò |
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RENDIAMO
GRAZIE A BIO…? Nell’allegro mondo
delle mode alimentari,
quando c’è di mezzo il BIOLOGICO, qualsiasi
critica è tacciata di reato di lesa
maestà mentre ogni suo prodotto è accolto come un
atto apostolico. C’è un clamoroso malinteso che ruota attorno al biologico ed è quello che confonde la qualità del processo produttivo (certamente dotato di pregi) con gli esiti sul profilo nutrizionale e salutistico dei prodotti. Attribuendo al biologico un valore di rango assoluto e ambizioni salutistiche sovradimensionate. Dall’altra parte si mettono pregiudizialmente i sigilli all’agricoltura tradizionale, liquidata come un massiccio sberleffo al nostro benessere a causa dei presunti alti livelli di fitofarmaci e bassi tassi nutrizionali. Accuse asteniche, senza nessun confronto di marca scientifica. Solo la pedante retorica del mangiare sano-giusto-BIO. Ma passare una mano di bianco sulle evidenze della scienza significa solo giocare furbescamente ad elevare il tasso emozionale. Per affratellare i consumatori in una fede monoteistica e costruita sulle ubbie verso le colture tradizionali. Cerchiamo di svaporare questa foschia polemica senza farci contagiare dal virus del pregiudizio. Come detto poc’anzi, delle differenze con l'agricoltura tradizione ci sono, più o meno marcate e allacciate al processo produttivo. Ma quando calchiamo i sentieri dei valori nutrizionali si srotolano quelle paludose sabbie mobili del mito…
Il dibattito “biologico contro convenzionale” si è collocato per diverso tempo nel tramestio delle opinioni. Alimentate anche da rassegne non sistematiche che facevano ricorso al vecchio approccio selettivo del cherry picking: raccogliere solo gli studi conformi alle proprie opinioni. Per fare un confronto sereno sugli effettivi valori nutrizionali e di fitofarmaci presenti nel biologico e nel tradizionale, la Food Standard Agency (FSA), l’agenzia britannica per la sicurezza alimentare, ha commissionato due rassegne sistematiche sull’argomento. Col nobile intento di stendere un rapporto aggiornato e indipendente, che evadesse dalla discussione da bar dei supporter per appartenenza di maglia RASSEGNA N.1 commissionata dalla FSA (Food Standards Agency) BIO - CONVENZIONALE
e VALORI NUTRIZIONALI È più nutriente il biologico o il convenzionale? Sono state escluse le ricerche relative alla presenza di pesticidi e fungicidi e valutato solo l’aspetto nutrizionale.Presi in esame tutti gli articoli pubblicati tra il 1958 e il 2008. Partendo dalla mole di 52.417 studi, nelle mani dei ricercatori sono restati 292 possibili pubblicazioni rilevanti per lo studio. Ad un secondo setaccio, se ne sono salvati 162. Ad un ultimo passaggio, quello che accoglie solo i lavori di migliore qualità, restiamo a quota 55. Si è riuscito ad analizzare 23 sostanze per le quali si sono trovati dati sufficienti per un’elaborazione statistica. RISULTATI:
BIO
e SALUTE In questo secondo lavoro sono stati indagati gli effetti sulla salute derivanti dal consumo BIO. Degli 11 articoli scelti perché sottoposti alla peer review, solo 3 si sono salvati dal setaccio per criteri di qualità minima stabiliti anche per la prima rassegna. La dichiarazione testuale: “evidence is lacking for nutrition-related health effects that result from the consumption of organically produced foodstuffs”. Insomma, nonostante la limitata disponibilità di dati, i prodotti BIO non mostrano ancora prove di maggior beneficio per la salute rispetto al convenzionale. Queste importanti ricerche sono targate American Journal of Clinical Nutrition e ascritte agli anni 2009 e 2010. L’opera di scioglimento della patina mitologica del BIO prosegue negli anni successivi… ALTRE
RICERCHE Nel 2012, la rivista Annals of Internal Medicine pubblica una review che conferma il sostanziale pareggio nutrizionale tra biologico e convenzionale, mentre attribuisce al biologico il merito di ridurre l’esposizione ai pesticidi - mentre ci sono poche differenze tra Bio e convenzionale nei casi di uso eccessivo di pesticidi - e ai batteri antibiotico-resistenti. Il rischio di contaminazione da escherichia coli si è mostrato uguale, sia nel Bio che nel convenzionale. Il rischio di contaminazione batterica nella vendita al dettaglio è simile, ma pare scollegato dal metodo di allevamento. Lo
studio conclude ammonendo circa l'eterogeneità e lo scarso numero di
studi sul tema, non escludendo la possibilità di contaminazione da bias di pubblicazione (sarebbero stati pubblicati solo gli studi positivi)
L’incidenza totale di tumori si è rivelata del tutto sovrapponibile nei due gruppi: uno composto da donne che dichiaravano di consumare “sempre o spesso” alimenti biologici, altre del tutto lontane da essi. Esaminando i risultati dei 16 tipi di cancro analizzati, tra le donne che consumavano più spesso alimenti biologici è stato riscontrato un lieve aumento delle nuove diagnosi di tumore al seno e una riduzione del linfoma non-Hodgkin. Ma nessuno di questi risultati, al momento, può essere spiegato attraverso un nesso di causa-effetto con la dieta. Nel 2018 JAMA pubblica uno studio di coorte prospettico che ribalta quello del 2014 pubblicato sul BMJ: adesso mangiare Bio proteggerebbe decisamente dal cancro.
Questa ricerca condotta dall’università di Harvard si era proposta di
esaminare l’associazione tra assunzione di cibi biologici
(autoriportata da 68.946 donne seguite per 5 anni) e rischio cancro
alla luce del minor uso di pesticidi nel biologico.
Allora, chi ha ragione...? Come
il precedente studio di popolazione in campo nutrizionale, anche questo
paga il prezzo dei fattori confondenti e di altri limiti
1. Il consumo di cibi biologici è difficile da quantificare (soprattutto
quando autoriportato tramite questionari)
2. Lo studio di JAMA (quello pro-Bio) non considera neanche che cosa intende per "organic", non prova a misurare le quantità, usa un questionario non validato e presenta una serie di altri limiti 3. Per esempio, la ricerca di JAMA ha un limite enorme: rispondono solo volontari, dunque persone già selezionate in partenza. E chi mangia Bio è più ricco, più educato, mangia più sano in generale e mediamente mangia meno proteine animali. Non solo, i volontari, convinti della superiorità del Bio, daranno risposte viziate dal conflitto ideologico 4. La ricerca di JAMA esprime una correlazione, non un rapporto di causa-effetto. Anche se nelle conclusione si parla di "una strategia promettente per la prevenzione del cancro" 5. Dunque chi mangia Bio tende ad essere più attento al proprio stile di vita (ed è quello ad avere un impatto significativo sulla nostra salute, come mostrato lo studio francese patrocinato dall’OMS https://gco.iarc.fr/includes/PAF/PAF_FR_report.pdf), in generale più salutare (più attività fisica, meno alcol, meno fumo…) 6. Lo stesso editoriale dello studio di JAMA dichiara L’ASSENZA DI UN GRUPPO DI CONTROLLO (magari congruente anche per gli aspetti socio-demografici, la cui unica differenza fosse la scelta del bio vs il non bio). Avere un gruppo di controllo aiuta a escludere eventuali fattori confondenti (come si dice nell'editoriale) 7. PESTICIDI, esposizione solo presunta. Un altro grosso limite è quello di presumere che ciò che viene dichiarato sia un proxy (= deduzione indiretta) dei livelli di esposizione a determinate sostanze che non vengono in alcun modo misurate direttamente. Invece una analisi caso-controllo avrebbe permesso di verificare almeno se l'ipotesi del proxy fosse attendibile 8. Nello stesso editoriale di JAMA si menziona il fatto che studi di ben altra consistenza statistica vanno nella direzione opposta 9. Il Bio, visti i costi più elevati, è maggiormente accessibile alle classi benestanti e più scolarizzate che solitamente fanno anche più prevenzione (https://www.istat.it/it/archivio/184896) 10. Il 78% dei volontari era di sesso femminile e per loro hanno escluso in modo certo il cancro alla prostata (sic!) 11. Mancano studi di lunga durata che utilizzino questionari validati e con un controllo accurato dei fattori confondenti 12. Questi sono studi epidemiologici, ma gli studi migliori – quelli clinici controllati – non sono facilmente praticabili per via dei costi elevati dei prodotti Bio e del lunghissimo tempo di osservazione necessario per riuscire a rilevare eventuali casi di tumore A
distanza di un mese,
la smentita su Nature.
Lo studio di Barański M.
et al.
avrebbe tenuto in considerazione anche studi di bassa
qualità ed esibirebbe
problemi di metodo e analisi, dice Dangour
a Nature.
A
stretto giro di ruota, i
commenti di altri eminenti studiosi. Richard
Mithen, ricercatore nutrizionale presso l’Institute of Food Research in Norwich,
(Gran Bretagna) ha
dichiarato in un documento che non c’è prova che
le piccole differenze rilevate
nei livelli di antiossidanti possano rappresentare un vantaggio per la
salute
pubblica. E Tom Sanders, scienziato
nutrizionista al King’s College
di
Londra dice che non c’è nulla di nuovo nello
studio e che continuano a mancare
differenze significative nutrizionali tra biologico e convenzionale RISULTATO: mediamente, il
vario assortimento di vitamine,
antiossidanti e sali minerali è risultato comparabile tra
BIO e convenzionale.
Nessuna superiorità del primo rispetto al secondo. Anzi, le
fragole
tradizionali hanno mostrato un maggiore contenuto di fosforo e
potassio. Mentre
altre ricerche erano giunte alla conclusione opposta. Prosegue la
rivista: “Dati, questi, che
confermano quanto già messo nero su bianco nelle conclusioni
di alcuni studi.
Cioè che a influenzare maggiormente il contenuto di
nutrienti di un prodotto
non sarebbe tanto il metodo di coltivazione quanto le caratteristiche
genetiche
della pianta, il tipo di suolo su cui è cresciuta, le
variazioni climatiche, le
condizioni di trasporto e quelle di conservazione, ed eventualmente le
trasformazioni cui l’alimento è
sottoposto”
I FITOFARMACI, l’inchiesta
di Altroconsumo Meno
nitrati nelle carote non Bio Bio e
salute Se
i maggiori (ma ampiamente sotto i limiti di legge) residui di pesticidi
dei
prodotti tradizionali spaventano comunque, basta adottare la filiera di
abitudini buona per tutte le stagioni: variare-lavare-sbucciare
e cuocere TRATTO DA: Altroconsumo.it TRATTO DA: Altroconsumo.it TRATTO DA: Altroconsumo.it TRATTO DA: Altroconsumo.it
PRODOTTI ANIMALI BIO GLI STUDI PIù RECENTI
Br J Nutr. 2016 Mar 28;115(6):994-1011.
Composition differences between organic and conventional meat: a systematic literature review and meta-analysis. Confronto tra carne Bio e convenzionale: nessuna differenza in grassi saturi e monoinsaturi tra carne Bio e convenzionale. Le differenze significative – rilevate sulla presenza di acidi grassi polinsaturi e Omega-3 è ambigua perché gli studi sono molto eterogenei a seconda delle carni di specie animali studiate. Studi controllati sperimentali spiegherebbero questa differenza nel profilo di acidi grassi grazie al foraggiamento al pascolo. Tuttavia si chiedono studi di metanalisi con uno spettro maggiore di elementi considerati (vitamine, minerali, antiossidanti) e prove più robuste e precise sul profilo degli acidi grassi di tutte le specie animali LATTE BIO Br J Nutr. 2016 Mar 28;115(6):1043-60. Higher PUFA and n-3 PUFA, conjugated linoleic acid, α-tocopherol and iron, but lower iodine and selenium concentrations in organic milk: a systematic literature review and meta- and redundancy analyses. Nessuna differenza in grassi saturi e monoinsaturi tra latte Bio e convenzionale. Le differenze più significative, a favore del Bio, sono state rilevate negli acidi grassi polinsaturi (PUFA), Omega-3, acido alfa-linolenico, acidi grassi a lunga catena (EPA+DPA+DHA) e acido linoleico coniugato (CLA, i cui benefici sono ancora fermi agli studi in vitro e su animali, mentre sugli umani gli studi sui suoi potenziali effetti benefici sono ancora incerti e contraddittori). Il latte bovino Bio ha anche mostrato di avere livelli significativamente più alti di alfa-tocoferolo e di ferro, ma livelli significativamente più bassi di iodio e di selenio. LATTE DI PECORA, CAPRA E BUFALA Pochi i dati a disposizione, ma comunque simili a quelli del latte bovino: nei latti Bio si sono trovate maggiori concentrazioni di PUFA, MUFA, CLA9 e ALA (acido alfa-linolenico), minori di LA (acido-linoleico). CONCLUSIONE: il latte bovino Bio ha un migliore profilo di acidi grassi, alfa-tocoferolo e ferro, peggiore invece sul versante iodio e selenio. La ragione di queste differenze risiederebbe nell’alto consumo di foraggio da pascolo CONSIDERAZIONI. Questo studio vuole effettuare una revisione sistematica della letteratura antecedente il marzo 2014 sulla qualità del latte e dei latticini europei superando i limiti delle tre storiche revisioni/metanalisi sulla differenza nutrizionale tra latte/latticini Bio e tradizionale. Le tre storiche revisioni/metanalisi (Am J Clin Nutr. 2009 Sep;90(3):680-5.; J Sci Food Agric. 2012 Nov;92(14):2774-81; Ann Intern Med. 2012 Sep 4;157(5):348-66.) sulla differenza tra latte e latticini Bio rispetto agli omologhi convenzionali erano limitate a un 20% di dati disponibili – cosa che indeboliva la forza statistica delle metanalisie - non consideravano fattori come la razza bovina, il sistema di mungitura e il foraggiamento descritti con metodi comuni. E non si consideravano le variazioni stagionali/annuali nella composizione dei prodotti Bio-tradizionali. Questi problemi sono stati superati oggi con 5 nuove revisioni sistematiche relative a latte e latticini europei Detto questo, gli autori concludono dicendo che non ci sono ancora degli studi che abbiano accertato l’impatto sulla salute animale, umana e sui biomarker della salute con il consumo di cibo Bio…e si auspicano più studi di coorte e di intervento nutrizionale sugli umani IL PARERE DI SERGIO SAIA, RICERCATORE CREA Sergio, abbiamo visto che il reparto ortofrutta Bio non offre maggiori vantaggi nutrizionali rispetto al non-Bio
Questi due importanti studi assegnano, invece, dei punti di vantaggio alle carni, al latte e ai latticini Bio. Hai delle precisazioni da fare? “Dal punto di vista concettuale, non c’è alcuna ragione per cui il bio e il convenzionale debbano avere caratteristiche diverse dal punto di vista nutrizionale. Ciò tuttavia è valido nella misura in cui i due sistemi abbiano la stessa produttività e sistema produttivo. Per carni e latte, tale sistema riguarda sia la cura dell’animale, sia la strategia alimentare (fieno+foraggio verde vs. concentrati, incidenza di pascolo, etc.). Dal punto di vista pratico, tali differenze possono emergere. Ed emergono! E la ragione di ciò riguarda, più che la certificazione in sé, la strategia alimentare e la produttività. In genere (ma ciò non è valido ovunque) gli animali in bio hanno produttività più bassa e mangiano diversamente. Non ho ragione di ritenere che mangino peggio, spesso mangiano meglio (sensu latu) rispetto a quelli in convenzionale. Si consideri inoltre che spesso, a parità di frazione alimentare, mangiano comunque cose diverse a causa della diversa distribuzione degli allevamenti bio e non bio, il che fa sì che la disponibilità di alimento sia diversa e anche le caratteristiche dello stesso (il foraggio in pianura padana non è lo stesso di una valle prealpina o di una collina siciliana). Le differenze rilevate nel primo lavoro dipendono proprio da ciò (e non si dimentichi che le razze allevate sono ben diverse!). Sul latte, non si dia troppo peso ai macronutrienti (grassi, proteine e zuccheri) perché se i lavori delle metanalisi vengono da produzioni prese al supermercato, alla fase di imbottigliamento gli stessi vengono uniformati per miscelazione. Per fare un esempio, se si leggono le etichetta (poco cambia che sia bio o meno), un dato latte ha sempre una percentuale fissa di ciascuno dei tre, ma tale percentuale è ben variabile nella produzione animale, che viene appunto corretta. Infatti, una delle esigenze del sistema di trasformazione (imbottigliare è una trasformazione) è avere quote di latte ad alte concentrazioni per poter ben tagliare quelle a basse concentrazioni. Sul latte ovicaprino e bufalino, si tenga conto che le info sono poche perché il latte di quel tipo è poco. I grandi allevamenti usano i bovini, che sono più “efficienti” (spiace dirlo, ma è così) Mi pare comunque che tu stesso rilevi tutte queste variabili non tenute in conto negli studi (per scarsità di dati a disposizione) nei lavori che hai preso in considerazione alla fine. C’è inoltre un’altra differenza importante: i prodotti bio vanno incontro a più facile degradazione, hanno in sintesi una più bassa shelf-life. Questo fa sì che vengano consumati prima dei convenzionali e il tempo di conservazione può influire moltissimo sulle caratteristiche. Tieni conto che pressappoco nessuno uniforma i prodotti per produttività della fonte (animale o coltura) e tempo intercorso dalla produzione (mungitura, macellazione o raccolta). E per gli animali, oltre alla razza, va considerata anche l’età dell’animale. Sull’ultimo aspetto che citi (“non ci son studi che abbiano accertato che…”) mi sento di fare due considerazioni: 1) L’impatto della maggiore (quando esiste) “qualità” nutrizionale di un prodotto bio rispetto a un convenzionale sulla salute umana può essere nullo se con la dieta comunque assumiamo tutto ciò che ci serve. In sintesi, non me ne faccio niente di avere il 30% in più di omega-3 nel latte bio rispetto al convenzionale se con il latte assumo quote minoritarie di omega-3 rispetto ai miei fabbisogni e con la dieta non bio già assumo il 100% del mio fabbisogno; 2) Dal punto di vista statistico (rilievo sulla popolazione), il confronto porta in sé tutto lo stile alimentare. Saggiare la salute di chi mangia bio (anche integralmente) rispetto a chi non ne mangia significa non considerare il resto dello stile di vita, che varia molto tra consumatori bio e non bio, tra cui accesso alla medicina, reddito, stile alimentare complessivo, etc. Tutto ciò influenza la salute in maniera molto più incisiva del singolo prodotto bio”
CONCLUSIONI VANTAGGI
DEL BIO
I
LIMITI DEL BIO
Bene il BIO sotto il profilo della maggiore salvaguardia
ambientale -finchè resta un prodotto di nicchia - ma quando diventa un marchio che rivendica un superiore
valore
nutrizionale, dovremmo prendere le distanze e librarci oltre le miserie
delle
appartenenze ideologiche. Quelle che titillano le corde emotive con
sinfonie nostalgiche
e un po’ fané: “territorio”,
“paesaggi custoditi”,
“naturale”, “bellezza”,
“bontà”, “assenza di residui
chimici” e additano l’agricoltura tradizionale come
fonte maligna di tante
sciagure. Una canzone stonata che non vorremmo orecchiare
più.
APPROFONDIMENTI Per una valutazione tecnica del metodo BIO:http://www.olioofficina.it/saperi/bio-bio/le-lobby-del-biologico.htm L'ACCADEMIA DEI GEORGOFILI SUL BIO http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=11348
BIBLIOGRAFIA Nutritional
quality of organic foods: a systematic
review.
Dangour
AD, Dodhia
SK, Hayter
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health effects of organic
foods: a systematic
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foods safer or healthier than
conventional alternatives?: a systematic review.
Br J Cancer. 2014 Apr 29;110(9):2321-6. Organic food consumption and the incidence of cancer in a large prospective study of women in the UnitedKingdom. Br J Nutr. 2014 Sep 14;112(5):794-811. Higher
antioxidant and lower cadmium
concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically
grown
crops: a systematic literature review and meta-analyses.
Br J Nutr. 2016 Mar 28;115(6):994-1011. Composition differences between organic and conventional meat: a systematic literature review and meta-analysisBr J Nutr. 2016 Mar 28;115(6):1043-60. Higher PUFA and n-3
PUFA, conjugated linoleic acid, α-tocopherol and iron,
but lower iodine and selenium concentrations in organic milk: a systematic
literature review and meta- and redundancy analyses. Report for the Food Standards Agency Comparison of composition (nutrients and other substances) of organically and conventionally produced foodstuffs: a systematic review of the available literature http://multimedia.food.gov.uk/multimedia/pdfs/organicreviewappendices.pdf Comparison of
putative health effects of organically and conventionally produced
foodstuffs:
a systematic reviewReport for the Food Standards Agency http://www.synabio.com/doc/synabio-doc-208.pdf
http://tna.europarchive.org/20100929190231/http://www.food.gov.uk/healthiereating/ Dario Bressanini-
PANE E BUGIE- CHIARELETTERE,
2010 |
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