BIBITE DOLCIFICATE E
SOVRAPPESO
PERCHE’ NON
HANNO FUNZIONATO
Attribuiamo
tutti i mali del
mondo al saccarosio, il comune zucchero da cucina, pensando che i
succedanei,
cioè i “dolcificanti”, siano di grande
aiuto per dimagrire, non abbiano effetti
collaterali e che si possano assumere a piacere.
PERCHÉ
QUESTO INSUCCESSO IN 10 PUNTI
- perchè
questi dolcificanti (aspartame, saccarina, ciclamati, acesulfame,
sucralosio…) sono metabolicamente
inattivi: restano a lungo nel sangue e non scatenano il senso
della sazietà. Motivo? Non attivano la risposta
dell’asse
insulina-leptina e non sopprimono la grelina, ormoni addetti allo
stoccaggio degli zuccheri e al senso di fame/sazietà. Senza
variazioni nella glicemia e nell’insulinemia il senso di fame
non trova la dogana. E procede inesorabile…
- perché
la lunga permanenza degli zuccheri del sangue li rende disponibili a
pericolosi legami con delle proteine dando luogo a prodotti a vocazione
infiammatoria (AGE’s)
- perché
i consumatori di dolcificanti si sentono autorizzati a non avere limiti
di quantità, “tanto male non fa”
- perché
i consumatori abituali di bevande dolcificate con i succedanei del
saccarosio non sono più magri e in salute di chi consuma
bibite al saccarosio. Entrambi hanno dimostrato le stesse
probabilità di sviluppare la sindrome metabolica, il diabete
di tipo 2 e malattie cardiovascolari
- perché
se si è forti consumatori di bibite dolcificate con i
succedanei dello zucchero questo rischio è ancora maggiore
dei consumatori del saccarosio
- perché
pare che i dolcificanti non stimolino il senso del piacere e della
sazietà come il saccarosio. Solo il sapore dolce del
saccarosio evoca quella risposta fisiologica in grado di regolare il
bilancio energetico (Swithers,
2010). Senza appagamento e sazietà si mangia senza
limiti
- perché,
come conclude la review pubblicata nel 2007 sull’European Journal of Clinical
Nutrition: “Sebbene
siano state associate (le bevande dolcificate ndr)
a modeste perdite di peso i dolcificanti non
sono soppressori dell’appetito. I loro effetti dipendono da
una loro integrazione con una dieta” . Capito?
Possono avere qualche effetto, ma solo se a monte si mangia
correttamente. Che senso ha mangiare male e poi usare le bibite
dolcificate? E se si mangia bene, è necessario assumere
queste bibite?
- perché
negli USA il loro consumo è aumentato in relazione al BMI
della popolazione (Am J Clin Nutr. 2009. Sarà
un caso? Per ora c’è solo un forte sospetto,
quanto meno di complicità con altri fattori.
- perché,
come conclude la meta-analisi pubblicata nel 2012 sul British
Medical Journal, ciò che incide sulla perdita di
peso non è tanto lo scambio isoenergetico (cioè,
a parità di calorie) tra zucchero e dolcificanti, ma la
restrizione calorica (“Isoenergetic
exchange of dietary sugars with other carbohydrates showed no change in
body weight”)
- perché
le revisioni di studi più prudenti non attribuiscono in
maniera decisiva l’aumento di peso alle bibite dolcificate,
ma ammettono anche che mancano le prove che tali prodotti siano utili
nella gestione del peso corporeo (J Nutr. 2012
Jun)
SITOGRAFIA
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counterintuitive effect of inducing
metabolic derangements.
Swithers SE.
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Behav. 2010 Apr 26;100(1):55-62. doi:
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